La dannazione di Napoli: non avere memoria. Anche con Mazzarri e Cavani. Perciò serve un museo

Leggo gli striscioni anti Cavani e ripenso a Roberto Saviano. E a tutti i napoletani, anche d’adozione, che mettiamo sotto i ferri del nostro disprezzo. Uno solo, ma proprio perché era l’Assoluto nel suo campo, che poi era il calcio, è riuscito a mettere al guinzaglio il mostro che noi napoletani ci portiamo dentro. Sei […]

Leggo gli striscioni anti Cavani e ripenso a Roberto Saviano. E a tutti i napoletani, anche d’adozione, che mettiamo sotto i ferri del nostro disprezzo. Uno solo, ma proprio perché era l’Assoluto nel suo campo, che poi era il calcio, è riuscito a mettere al guinzaglio il mostro che noi napoletani ci portiamo dentro.
Sei napoletano? Sei uno di noi? Allora, se hai avuto successo significa che hai avuto fortuna nel bluff, ti hanno raccomandato, hai venduto il tuo corpo, sei il figlio di qualcuno. Scrivi bugie e rubi le notizie. Hai segnato cento gol e sei il più grande attaccante che il Napoli abbia mai avuto, ma devi andare a farti fottere. Nel successo c’è un imbroglio, i tuoi assi non sono quattro, ne hai altri due nel manicone. E sei un “sopravvalutato”, ah la potenza del “buzz”, delle parole automatiche. Noi non riusciamo ad apprezzare in modo critico. Amiamo o odiamo. Ma l’amore ce lo siamo scordato.
Per carità, le buone ragioni per essere così avvelenati ce l’abbiamo tutte. Qualcuna ce la ricordano allo Juventus “Stedium” ogni anno quando ci andiamo. Ce le ha ricordate il dopato dell’Alto Adige. Ce le ricordano i Borghezio e i borgheziucci che da vent’anni ci coprono di merda e gli storici che da 152 anni raccontano che eravamo solo quelli del “faccimma ammujna”. Dipinti come un popolo di cialtroni che ormai credono nel proprio cuore di essere tali. Abbiamo interiorizzato la nostra cattiva immagine.
Sì, i buoni motivi ce li abbiamo. Ma ci facciamo male con le nostre mani. E io sono convinto che questo “Complesso” della distruzione, che poi è soltanto “invidia” verso chiunque abbia successo, è il nostro male peggiore. Come se fossimo tutti in un girone dell’inferno, e guai a chi vuole uscirne. Come si permette?
Ed eccoci qui a fanculare Edinson Cavani perché vuole andare al Real Madrid. In realtà insultando il mercato, la modernità, il professionismo – “L’attaccamento alla maglia”, che scemenza: noi tifosi siamo attaccati alla maglia, loro lavorano. Eccoci a cancellare ogni cosa buona di Mazzarri. E sempre pronti a ritenere De Laurentiis poco meno che un pagliaccio. Basta così.
No, non ho bevuto, sono astemio e non ho dimenticato quello che abbiamo scritto. Qui ci prendiamo la libertà di criticare e abbiamo criticato tutte le persone appena citate. Ma i napoletani, tifosi e non tifosi, non vedono la differenza fra cronaca e critica e memoria. Qui si parla di memoria. I napoletani la loro la distruggono ogni giorno.
Perché la memoria non è idealizzazione. Non è come quando muore una persona che hai amato e le concedi un ricordo purificato da tutti i difetti – se lo fai, e c’è chi lo fa. La memoria è ricordo di ombre e luci. E’ il ricordo di ciò che realmente è stato. E’ ricordo critico.
E allora io rivendico di aver disistimato Walter Mazzarri per ciò che diceva e per i suoi limiti personali. Ma gli do atto di averci tirato fuori dalla mediocrità, di averci fatto godere. E alla fine se n’è andato, facendo quello che fanno tutti quando si lascia un lavoro. Cavani vuole andarsene? Certo, un po’ brucia dentro al cuore e le modalità danno fastidio, ma quando mai voi avete visto un attaccante così a Napoli? Non vi emozionava? Ah che peccato, però “gol” lo urlavate. E il grido che è, se non un’emozione?
E Dela? Di tutta la sua fuffa, una delle sue ragioni più solide è: “Ma dove stavate quando sono arrivato io?”. Ed ha ragione. Memoria.
Nella memoria c’è anche Achille Lauro. C’è Corrado Ferlaino. C’è anche Naldi, nella memoria critica. Perché la memoria fra i civilizzati è anche ricordare quanto sei arrivato in basso e comunque chi sei stato. Altrimenti solo chi ha vinto 347 scudetti, 351 sul campo può celebrare se stesso. E no.
Caro Napolista, prima di scendere in campo per difendere Benitez e la scelta di assumerlo- ci toccherà farlo perché pare che Rafele abbia già pestato molti piedi a tutti a Napoli, – io ti propongo una cosa: la lanciamo l’idea di un piccolo museo, cento metri quadrati, sulla storia del Napoli?
Cominciando dalle origini. Dai campionati di serie B. Dalle nostre cose umili. E riconoscendo i meriti di tutti. Portiamoci nel cuore anche Emanuele Berrettoni. E’ un pezzo della nostra storia. Da ricordare con lucido affetto. Viva la nostra storia. Monnezza compresa.
Vittorio Zambardino
p.s.
Ho anche pronto il nome del presidente del Museo Napoli Calcio. Mimmo Carratelli. La sua Lectio Magistralis di inaugurazione, dal titolo “Lode di Rafa Benitez”, la ricorderemo nei decenni.

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