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Mi emoziona Benitez e mi emoziona l’idea di non aver più paura di volare

Lo confesso. Sono emozionato. Sono emozionato come non capitava da tempo. Tanto tempo, e non dico quanto. Almeno per quel che riguarda il calciomercato. Non la ricordavo quasi più questa sensazione di attesa, la sensazione che stia per arrivare una persona in grado di cambiare rotta, di correggerla (non è più il caso di usare la parola invertirla, per fortuna), di farci entrare nel calcio che conta senza sentirci sempre con l’abito sbagliato.

Forse sto esagerando, ci può stare. Benitez può essere considerato un’incognita dal punto di vista umano. E nel suo impatto con Napoli e l’ambiente. Ma mai, dico mai, era arrivato a Napoli un allenatore che avesse vinto tanto. Un tecnico che ha alzato coppe ovunque, da Valencia a Liverpool fino a Londra, persino in quella Milano nerazzurra che l’ha tollerato per non più di cinque mesi.

Un signore che insegna calcio, che non parla d’altro che di calcio. Che, tra l’altro, mi ha regalato una delle più grandi gioie calcistiche extraNapoli ed extraNazionale, quella finale di Champions a Istanbul contro il Milan di Ancelotti. Un allenatore che di certo non soffre di vertigini. Lui ai piani alti è abituato. È questa la novità rivoluzionaria. Il Napoli, finalmente, ha la possibilità di emanciparsi. Tanto di cappello a Mazzarri, un sentitissimo grazie per tutto quel che ci ha regalato (ed è stato tantissimo), ma l’aura di cosmopolitismo che accompagna Benitez mi mette i brividi. La sensazione di non guardare più la nobiltà calcistica dal buco della serratura, di non sentirsi più al salone delle feste per caso, è uno stato d’animo che dispensa euforia, dà alla testa. Mi emoziona avere l’allenatore di gran lunga più titolato della serie A. E mi emoziona (e mi sorprende) l’idea che De Laurentiis abbia voluto pensare in grande.

Lo so che cosa starete pensando. È impazzito, oppure ha bevuto, non ha capito che De Laurentiis venderà Cavani così come Benitez non ha capito dove si è andato a cacciare. Certo, il rischio c’è. Zambardino su facebook l’ha definita sindrome da ds21, il ferro da stiro Citroen, un’auto culto che un suo amico, l’Armando, era riuscito a farsi comprare dai genitori ma che non usava quasi mai perché non aveva i soldi per la benzina. Elloso che questo rischio c’è. Ma, come scrisse un genio il 10 maggio del 1987, si è nu suonno, nun me scetate. Tu chiamala, se vuoi, sprovincializzazione. O, più letterariamente, non avere più paura di volare.
Massimiliano Gallo

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