Conte prova a fare il Mourinho, ma non ha il fisico (né la credibilità)

Tante cose andrebbero dette sul calcio italiano. Su quanto siano cambiati gli equilibri e i rapporti di potere in seno al Palazzo. È sicuramente questa la novità che più balza all’occhio di questa stagione 2012-2013, cominciata in agosto con una clamorosa protesta del nostro presidente Aurelio De Laurentiis a Pechino. Ricordiamocela bene la decisione di […]

Tante cose andrebbero dette sul calcio italiano. Su quanto siano cambiati gli equilibri e i rapporti di potere in seno al Palazzo. È sicuramente questa la novità che più balza all’occhio di questa stagione 2012-2013, cominciata in agosto con una clamorosa protesta del nostro presidente Aurelio De Laurentiis a Pechino. Ricordiamocela bene la decisione di non partecipare alla premiazione per contestare l’arbitraggio della finale di Supercoppa, perché probabilmente è stato l’ultimo atto di una prima fase.

Da quel giorno, De Laurentiis ha cambiato profilo. Ha perlopiù taciuto. Addio fughe in motorino, niente più attacchi scriteriati ai governanti del nostro calcio. Anzi. Aurelio ha voluto per la riconferma di Abete e ha appoggiato quella di Beretta in Lega. Proprio qui, invece, la Juventus è uscita sconfitta, rompendo lo storico asse col Milan di Adriano Galliani.

Qualcosa è cambiato, quindi. Ed è evidente. Capitò anche a Franco Sensi una simile metamorfosi. Entrò nel calcio da corsaro, ingaggiò Zeman ma poi capì. Si sbarazzò del boemo, si affidò al governativo Capello e alla fine riuscì a vincere il suo scudetto, il sogno di una vita.

Che i rapporti di potere si siano modificati appare evidente. Altrettanto palese è il nervosismo dei bianconeri che è culminato nella piazzata antisportiva di sabato sera nel dopo partita col Genoa. Frasi come quelle di Marotta sono di una gravità inaudita. Che, a mio avviso, andavano punite con una squalifica di almeno tre mesi. Ma il segnale del giudice sportivo c’è stato.

Così come non possiamo certo nasconderci che quello di ieri sera su Vucinic fosse un rigore sacrosanto. La Juventus si ritrova improvvisamente dall’altra parte, dal lato dei chiagnazzarri, di quelli che protestano all’infinito, che vedono fantasmi ovunque. E non sono attrezzati, perché non sono abituati al ruolo. Lo ha dimostrato ieri sera Antonio Conte al termine di Lazio-Juventus. Voleva fare del sarcasmo il tecnico bianconero commentando gli episodi di moviola. Ha ironicamente detto che Vucinic andava espulso e che la Lazio meritava un calcio di rigore. Una parte ben scritta, ma mal recitata. Conte non è Mourinho. Se quelle frasi le avesse pronunciato il tecnico di Setubal oggi non si sarebbe parlato d’altro. Conte e la Juventus non hanno il fisico né la credibilità per fare i disturbatori, le vittime, per provocare ironicamente. Si ritrovano fuori ruolo, dopo anni, e si avverte.

E, come hanno scritto sia Zambardino sia Carratelli, noi più rimaniamo in silenzio e a loro più sale il sangue alla testa.
Massimiliano Gallo

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