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Gli occhiali di Mazzarri e nessuno tocchi Aronica

Nessuno tocchi Totò. Inteso come Aronica. E di sicuro nessuno lo toccherà, perché è chiaro a tutti o quasi che il punto non è il suo passaggio sbagliato all’indietro. Non è quello che ci addolora e ci inquieta. Il punto è cosa ci faccia Aronica lì, al primo minuto di recupero di una partita che il Napoli stava vincendo, sapendo di doverla vincere per portarsi a -3 dal primo posto. Il punto non è dargli 4 in pagella e chiudere i conti, ma fare le pagelle a ciò che pensa e dice Mazzarri. (“Chi parla male, pensa male, vive male”, cfr. Nanni Moretti). Il punto è capire come sta gestendo quello che lui chiama “un momento un po’ così”. Lo sta gestendo alla Mazzarri, rivoltando ogni responsabilità dell’accaduto su un mondo che è sempre lontano da lui. Le colpe passano da un altrove che non gli appartiene mai. Una volta sono le nazionali che portano via gli uomini, li stancano, ce li restituiscono infortunati. Un’altra volta è l’unico tiro in porta che hanno fatto gli avversari. Ieri è stato quello che chiama “il gollonzo”, altrimenti definito “un incidente”. La crisi del Napoli è invece chiarissima proprio dai pensieri che si affacciano dentro le sue parole. Tipo: “Il Torino è l’unica squadra di A che gioca con il portiere, è difficile andarlo a pressare”. Bene, se lo sai allora non lo andare a pressare, tanto più che sei in vantaggio dal 6’ e puoi giocare come piace a te.

Ecco. Come piace a te. Spazi avanti e via veloci. “Facciamo un calcio dispendioso”, scopre adesso Mazzarri. Sant’uomo, allora fanne un altro. Lo decidi tu. Provaci. In realtà quel calcio di spazi e velocità è l’unico che abbiamo visto, l’unica faccia che Mazzarri ha saputo dare al Napoli, bellissima faccia per carità, ma un totem in nome del quale sono stati sacrificati giocatori ritenuti inadatti e che forse avrebbero fatto comodo, giacché adesso viene messa in discussione la bontà della rosa (“alleno i giocatori che la società mi mette a disposizione”): Cigarini e Denis, giusto per dire i primi due.

Il fatto che a passare la palla indietro in modo tanto sciatto e pavido fosse Totò, proprio Totò, il suo Totò, è una nemesi che Mazzarri doveva prima o poi aspettarsi. E’ il simbolo per contrasto di come faccia fatica a tenere tra le mani più di 11 giocatori. E’ l’altra faccia del suo turn-over di Coppa, sacrosanto se fosse un turn-over come lo fa tutto il mondo, ma che turn-over in realtà non è. Il suo è piuttosto un “fuori tutti, dentro gli altri”. E’ tipo la rotazione come si faceva a scuola quando mancavano le aule. Una girandola senza razionalità che brucia chi vi prende parte. Insigne è considerato un talento da tutti. Tutti. Compreso la stampa di Barcellona. Si gestisce così? El Kaddouri volevano prenderlo Milan e Juve: si gestisce così? Riuscite oggi a dar torto a Verratti, che ha detto no al Napoli perché temeva di non venire valorizzato? Peraltro prendendo Verratti, il Napoli avrebbe pure partecipato all’acquisto di Quintero col Pescara: oggi su Quintero ci sono Juve e Inter.

Due passaggi sui giornali di oggi fanno riflettere a proposito del momento “un po’ così” di Mazzarri, “più sotto scossa di McEnroe quando rompeva racchette” (Alessandro Pasini, Corriere della Sera) e “per sua stessa ammissione sotto stress” (Marco Azzi, Repubblica). Tutto più grave perché la faccia pubblica del Napoli è la faccia di Mazzarri. Specialmente ora con un presidente sparito, e questo pure sarebbe un bel punto da approfondire. Il Napoli gioioso e simpatico è stato sostituito da un Napoli rancoroso e cinico. Il cinismo è un atteggiamento molto più alto, complesso e impegnativo della simpatia. Devi saperlo reggere. E se vuoi vivere da cinico, be’, allora conta il risultato, cos’altro sennò? Non si può pretendere di vincere come un cinico e di perdere come un simpatico. Ci penso da un po’. Tutto è forse successo quando Mazzarri ha deciso di togliere gli occhiali, qualche consulente per l’immagine gli avrà consigliato che stava meglio così.

Ora dice Mazzarri che abbiamo alzato l’asticella. E che c’è di male? Com’è bello quel Montella che a Firenze sussurra “ora tutto dipende da noi”. Tutto dipende da noi. Bellissimo. Invece da noi la colpa è sempre degli altri. E’ colpa nostra persino l’ambizione. L’asticella. Ma è stato Mazzarri, lui con il presidente, con il Napoli tutto, a parlare di cicli triennali, quinquennali, di crescita, a papariarsi con i 7 punti in più rispetto all’anno scorso, a parlare dei progressivi passi avanti che sono un obbiettivo. Uno poi va a finire che i passi avanti se li aspetta veramente, se compri i baci Perugina le fidanzate vogliono che ti ricordi degli anniversari.

Come se ne esce? Togliendo dal tavolo il più grande equivoco. Mazzarri ha ottenuto l’allontanamento di Gargano offrendo in cambio i dubbi sul suo futuro. Toglietemi quello di torno, ah sì ehm però io non so se resto. Ora siamo vicini alla prossima sessione di mercato, non si può certo immaginare di affrontarla con un allenatore che non sa cosa vuole. Non sarebbe un atteggiamento coerente con la parola programmazione. Perciò ora, adesso, al massimo domani, De Laurentiis deve inchiovarsi qui e proporre un nuovo contratto a Mazzarri. Gli deve offrire due anni, forse anche tre. Perché c’è bisogno subito di lavorare e continuare a costruire. Se Mazzarri dice sì, lo convinca a togliersi quelle dannate lentine e a rimettersi gli occhiali. Fanno assai cinismo. Se Mazzarri dice no, oggi, adesso, al massimo domani, gli stringa forte la mano e dia la squadra a Frustalupi.
Il Ciuccio

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