Nell’autunno del 2010 il campionato di serie A era dominato da una squadra fortissima. Forse qualcuno l’ha dimenticato, in fondo sono passati due anni. Ma quella squadra era la Lazio. Sì, la Lazio allenata dal nostro amico Edy Reja. Alla nona giornata – badate bene, non alla sesta – quei simpaticoni erano primi da soli, con quattro punti di vantaggio sulla diretta inseguitrice, l’Inter. Alla fine delle partite c’era un dirigente laziale, un tipo giovane con un assurdo caschetto di capelli biondi, che si piazzava davanti alla telecamera e mostrava il dito indice, come a dire “numeri uno” e contemporaneamente sillabava: “Primi da soli… Primi da soli…”.
I tifosi biancocelesti, che sotto casa mia abbondano, facevano i vaghi, ma in realtà gongolavano. Una sconfitta alla prima giornata, poi sette vittorie e un solo pareggio (col Milan). Tutti vedevano in Hernanes il loro nuovo profeta (“Ahò, artro che er Pupone, li mortacci sua”) e godevano per la solidità di una difesa imperniata sul loro neo-acquisto Dias. Reja cominciava ad essere molto rispettato.
L’entusiasmo divenne rabbia alla decima giornata, quando la Roma vinse il derby con due rigori discutibili, e infatti molto discussi per almeno tre giorni. La rabbia si trasformò in scoramento dopo il turno infrasettimanale dell’undicesima giornata, quando il modesto Cesena vinse con un bel gol di Parolo nel finale. Ma gli intrepidi ragazzi della Lazio, mettendo a tacere i gufi e i pessimisti che pure abbondano tra i loro tifosi, si ripresero alla grande. Ne fece le spese il Napoli, sconfitto all’Olimpico con un secco due a zero. Grazie a quel successo, gli aquilotti ricominciarono il volo verso la vetta della classifica. Nel turno pre-natalizio, vincendo in extremis contro l’Udinese (3-2) erano in piena corsa per il titolo. Certo, c’era la temibile concorrenza della Juve, finalmente ritrovata sotto la guida solida di Delneri. Gli splendidi gol di Quagliarella e la trascinante spinta di Milos “pavelnedved” Krasic avevano restituito orgoglio e speranze a tutto il popolo bianconero.
A Milano invece, c’era una sponda piangente, quella interista. Dopo il Triplete, il nuovo corso di Rafa Benitez era fallimentare. La squadra proprio non girava, l’allenatore non era in sintonia con la società e il gruppo. E anche in Friuli c’era poco da stare allegri. l’Udinese di Guidolin, pur in risalita dopo un avvio terribile (un solo punto nelle prime cinque partite), si avviava ad una modesta stagione da centro classifica, proprio la sconfitta con la Lazio fu considerata la pietra tombale su ambizioni maggiori.
Già, ma come finì quel campionato?
Lo scudetto andò al Milan.
Il volo della Lazio non durò moltissimo. Alla fine della stagione, complice qualche risultato sfortunato, il simpatico Lotito si ritrovò al quinto posto. Pesarono anche alcuni errori arbitrali, come quelli che condizionarono la gara del primo di aprile a Napoli, quando gli azzurri di Mazzarri riuscirono a compiere una grande rimonta, da 0-2 a 4-3. Una partita che suscitò polemiche e illazioni di ogni tipo sull’operato del direttore di gara Luca Banti di Livorno.
La ritrovata Juve di Delneri si perse nuovamente, e chiuse al settimo posto, uno dei risultati più avvilenti della sua storia.
E l’Inter? Incredibile, ma con l’esonero di Benitez e l’arrivo in panchina di Leonardo, i nerazzurri chiusero al secondo posto, grazie anche a qualche indovinato acquisto di gennaio.
L’Udinese fece un girone di ritorno strepitoso e arrivò quarta.
Del terzo posto credo sia inutile parlare.
Insomma ragazzi, qua non si tratta di essere ottimisti o pessimisti, ma semplicemente di dare il giusto peso alle cose. La stagione è lunga. Le partite sono tante. Stiamo molto ma molto calmi. Facciamo per bene le nostre cose, cerchiamo di alimentarci in modo corretto, riduciamo il consumo di alcolici, chi fuma cercasse di moderarsi.
Tutto va fatto a tempo debito. Invece comincio già a leggere certe brutte parole, di quelle che non andrebbero pronunciate neanche sotto tortura. Per esempio, oggi su Repubblica Napoli c’era un titolo: “De Laurentiis-Mazzarri, patto per lo s…”. L’avete visto anche voi? Ecco, è proprio il genere di cose che non vorrei mai leggere. Non ora, almeno.
Giulio Spadetta