Altro che città di Pulcinella, il Napoli è una squadra mitteleuropea

Sei partite giocate: cinque vittorie e un pari. In totale fanno sedici punti e il primo posto in classifica. Alzi la mano chi ci avrebbe scommesso. A dispetto delle non poche critiche e di una campagna acquisti che ha lasciato tanti con l’amaro in bocca, il Napoli sfodera uno dei migliori inizi di stagione della […]

Sei partite giocate: cinque vittorie e un pari. In totale fanno sedici punti e il primo posto in classifica. Alzi la mano chi ci avrebbe scommesso. A dispetto delle non poche critiche e di una campagna acquisti che ha lasciato tanti con l’amaro in bocca, il Napoli sfodera uno dei migliori inizi di stagione della storia e si candida ad essere la principale antagonista della Juventus per la lotta allo scudetto.

Sia chiaro, sei partite sono poche. Solo una settimana fa eravamo qui a chiederci il perché di una prestazione a dir poco incolore a Catania. Non ci siamo depressi due giornate fa, non ci esaltiamo adesso.

Ma alcune cose vorrei dirle. Una su tutte. Questa è una squadra poco napoletana. Lo so, alcuni si arrabbieranno perché spesso i miei scritti sono amari nei confronti della mia città. Ma stavolta vorrei concentrarmi su altro. Sul carattere di questo Napoli. Una squadra che ha ben poco degli stereotipi che da sempre accompagnano lei e i suoi abitanti. Una squadra che somiglia a un giocatore di scacchi, cinica, sicura di sé, conscia del proprio valore. Non una squadra fortissima, sia chiaro, ma una squadra che non spreca.

Una squadra che oggi ha come giocatore simbolo un sudamericano atipico. Un uruguayano che di fatto è un tedesco. Per abnegazione, forza di volontà, determinazione. Non a caso, il secondo uomo di punta è un uomo dell’Europa centrale, uno slovacco. Senza dimenticare che, fatta eccezione, per Donadel, ha un centrocampo interamente svizzero. Una squadra, potremmo azzardare, quasi anaffettiva. Emotivamente controllata. Che non si esalta né si deprime. Insomma, ripeto, l’esatto contrario della Napoli oleografica.

Ci ha messo tanto, Mazzarri. Ma alla fine è riuscito a modellare il Napoli non dico dei suoi sogni, ma quasi. Ovviamente non sto dicendo né che il Napoli sia una squadra fortissima né che pratichi un gioco spettacolare. Ma è una squadra quadrata, che ha cervello, che sa aspettare anche sessantacinque minuti prima di mettere ko l’avversario al primo reale sbandamento.

Insomma, di Napoli, o meglio, della Napoli oleografica c’è poco. Forse perché Napoli non è solo stereotipo. Anche se troppo spesso ce ne dimentichiamo.
Massimiliano Gallo

p.s. Questo è uno dei motivi, forse il principale, per cui il professor Trombetti non mi ha ancora del tutto convinto su Insigne titolare al posto di Pandev. Anche se sto vacillando, ma sul tema ci torniamo.

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