Dispiace più per Gargano che per Lavezzi

Dopo Lavezzi parte anche Gargano. Resta solo Hamsik del gruppo di scommesse vinte da Pierpaolo Marino. Intorno alle quali il Napoli ha ricostruito la propria credibilità. Ritornando alla ribalta del calcio nazionale. Ed internazionale. Vincendo una Coppa Italia. Arrivando nei quarti di Champions. Se ne dicono tante sulle ragioni di tali scelte societarie. Una tesi […]

Dopo Lavezzi parte anche Gargano. Resta solo Hamsik del gruppo di scommesse vinte da Pierpaolo Marino. Intorno alle quali il Napoli ha ricostruito la propria credibilità. Ritornando alla ribalta del calcio nazionale. Ed internazionale. Vincendo una Coppa Italia. Arrivando nei quarti di Champions. Se ne dicono tante sulle ragioni di tali scelte societarie. Una tesi accreditata è che Mazzarri (evidentemente con il placet di De Laurentiis) abbia voluto smontare una ingombrante leadership interna allo spogliatoio. Nel quale l’argentino e l’uruguagio erano capi indiscussi e fastidiosi. Ma sui «si dice» non vale la pena indugiare. Giocatori incedibili non esistono. O almeno non ne esistono più nel calcio moderno. Le bandiere sono finite in soffitta. Lasciando la ribalta al fair play finanziario e al potere delle pay-tv. È così sotto tutte le latitudini. Nei piccoli, medi, grandi e grandissimi club. Esempi ne trovi a decine. Parte Ibrahimovic e vinci il campionato… E poi, mi ripeto, se dovessi disperarmi per la cessione di Gargano e Lavezzi che cosa avrei dovuto fare quando è andato via Maradona? O quando sono partiti Ferrara e Zola?

I motivi per cedere un giocatore si riducono sostanzialmente a tre. Di natura finanziaria. Il bilancio è in rosso. La società deve far cassa (caso Ferrara-Zola). Ma per fortuna non è il caso del Napoli di oggi. Di natura tecnica. Il giocatore non si adatta agli schemi dell’allenatore (caso Cigarini). Questo, se in astratto può essere vero per Lavezzi che è un atipico, non può valere per Gargano che è un solido corridore (in fondo anche lui abbastanza atipico). Avvezzo, certo a malincuore, alla panchina. Avendo nelle scorse stagioni già ceduto il posto a Pazienza o a Dzemaili. Di natura disciplinare. Il giocatore crea problemi nello spogliatoio. E per giustificare la cessione del «mota» non resta forse altro che il terzo argomento.

Il mercato del Napoli, inutile dirlo, desta qualche perplessità. E fino ad oggi lascia l’amaro in bocca. Non tanto per le cessioni, lo dico francamente, quanto per le new entry. Nessuna delle quali sembra essere in grado di far sognare ” l’insognabile”. Salvo l’incognita Insigne che, come ho già detto, mi piace immaginare ripercorra la parabola di Zola. Nel qual caso avremmo un vero e proprio asso nella manica. Qualcuno sostiene che nella struttura attuale la squadra è più razionale. Mah, vedremo. In fondo la valutazione sulla bontà o meno delle operazioni di mercato del Napoli la daranno i fatti. E cioè i risultati che il Napoli otterrà nella prossima stagione.

Analizzando in particolare le due partenze eccellenti è difficile graduare i rimpianti. Certamente sul piano tecnico la cessione di Lavezzi incide molto di più che non quella di Gargano. Inoltre Lavezzi incarnava, sia chiaro nel bene e nel male, un modulo di gioco. E senza di lui occorrerà cercare altre soluzioni tattiche. Inutile tentare di riprodurne le caratteristiche. Unico come era con la sua estrosa potenza e con la sua dannosa anarchia. Con la sua abilità nel creare superiorità numerica saltando l’uomo e con la croce della sua idiosincrasia per la rete. Gargano tutt’altro giocatore. Tanta quantità. Poca qualità. Due polmoni d’acciaio montati su due piedi di porfido. Generoso fino allo stremo. Quindi sul piano tecnico non vi è partita. La cessione di Lavezzi lascia un segno. Obbliga a cambiare gioco. Quella di Gargano non leva e non mette. Tanti i giocatori in giro che possono fare quello che faceva lui. Magari meglio. Purché, questo il punto, ne arrivi qualcuno.

C’è poi un altro aspetto. Quello di pancia. Tra ognuno di noi appassionati e i singoli giocatori corre un filo sottile. Lungo il quale passa una corrente umana. Di intesa. Di simpatia. O di avversione. Legata magari a piccole cose. A gesti impalpabili. A me Gargano era molto simpatico. È vero nei suoi momenti no mi mandava in bestia. Quando depositava la palla sui piedi dell’avversario avviandone la ripartenza. Quando si ostinava a battere le punizioni dal limite. Senza mai, dico mai, inquadrare la porta. Però in nessuna circostanza lo ho mai visto ritrarsi dalla lotta. Risparmiarsi. Tirare indietro il piede. Rinunciare ad un tentativo di recupero. O sghignazzare in panchina mentre il Napoli perdeva. O ancora farsi espellere per anticipare le ferie. Un lottatore coraggioso. Questo è Gargano. Ed un professionista serio. Uno di quelli che quando fai l’appello risponde sempre presente. Insomma per dirla tutta sul piano umano la cessione di Gargano mi addolora. Quella di Lavezzi mi lascia del tutto indifferente.
Guido Trombetti (Corriere del Mezzogiorno)

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