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La nazionale ora punta sui Mondiali

Le buone notizie sono che Prandelli resta e che Balotelli ha pianto. Forse, con una vittoria, Prandelli avrebbe lasciato. La sconfitta gli impone di continuare nel “progetto” di una nazionale rinnovata dopo il fiasco del Mondiale 2010, ma non è che in campionato si vedano fuoriclasse per l’effettivo salto di qualità. Cambiare mentalità, modulo, applicazione non basta. Servono giocatori decisivi e i più “decisivi” cominciano a non avere l’età (Pirlo 33 anni, De Rossi 29, Buffon 34, Balzaretti e Barzagli 31, Maggio 30, Diamanti 29, Thiago Motta e Cassano 30, Di Natale 35).

GUIDA IDEALE – Un maestro di calcio qual è Prandelli, capace di iniziare a trasformare il gioco della nazionale, più propositivo e meno ancorato al “vecchio” contropiede, è il commissario tecnico ideale a patto che la Federazione e i club gli diano una mano evitando di “isolare” la nazionale, di condannarla in tempi stretti per la preparazione, offrendo maggiore collaborazione. Ma anche a patto che vangano fuori giocatori interessanti.

Le qualità professionali e umane di Prandelli sono di prim’ordine. La pazienza, il garbo, il dialogo sincero, dentro e fuori la nazionale, sono virtù che pochi altri commissari tecnici hanno avuto. Consentono un lavoro sereno e in profondità. Fanno presa sui giocatori. Non è più tempo di isterismi, di posizioni preconcette e di “primedonne” sulla panchina azzurra. Ma, attorno alla nazionale, il calcio va rifondato, non solo epurandolo dagli scandali, ma con una maggiore attenzione alla conduzione tecnica dei club e alla valorizzazione dei giovani più promettenti. Il trionfo della Spagna ha avuto una gestazione lunga, continua, appassionata, tenace quando i risultati positivi non venivano.

LE LACRIME – Balotelli ha pianto per la delusione di Kiev. Qualcosa aveva fatto in campo, ma non proprio il massimo, travolto anche lui dalla serata negativa di tutta la squadra. Le lacrime di Kiev e quel precedente abbraccio alla mamma dopo il trionfo sulla Germania e i due gol aprono uno spiraglio positivo nel “bad boy”, ne scalfiscono finalmente il “caratteraccio”, lo rendono più partecipe alle emozioni, non più (si spera) un esagerato individualista scontroso. Senza dubbio è il giocatore per il futuro (22 anni), l’unico autentico campione che l’Italia ha e avrà in pieno quando “Balo” si libererà completamente dalle sue “negatività”. Prandelli ha contribuito a inserirlo meglio nel gruppo, a fargli fare “certe cose” in campo, a disciplinarne l’anarchia di fuoriclasse egoista. Nessun altro commissario tecnico avrebbe ottenuto un Balotelli “migliore”. Ma la strada è ancora lunga per la completa ”maturazione” del giocatore. Con Prandelli (e Mancini al City) si può sperare.

OBIETTIVO MONDIALI – Il prossimo obiettivo è la qualificazione ai Mondiali in Brasile, fra due anni. Il sorteggio del 30 luglio scorso ha assegnato all’Italia un girone di qualificazione con Danimarca, Bulgaria, Repubblica ceca, Armenia e Malta. Passa la prima di ogni girone e quattro nazionali ai play-off fra le migliori seconde dei gruppi. Prandelli, dopo il sorteggio, disse: “L’Italia ha il dovere di vincere il suo girone”. Non è proibitivo. Si comincia a settembre. Primi avversari la Bulgaria in trasferta e Malta in casa. In ottobre Armenia-Italia e Italia-Danimarca. Il resto nel 2013.

A Kiev è tramontato un sogno, ma l’avventura continua con Prandelli. Il 4-0 è duro da “digerire”. L’Italia non prendeva quattro gol in una finale dal 1970 (Mondiali in Messico, dal Brasile 4-1) ed è la prima volta che la nazionale di Prandelli ne prende quattro, e mai una finale europea si era conclusa con un punteggio così devastante per gli sconfitti. Due a zero in parità numerica, altri due gol negli ultimi sei minuti con l’Italia in dieci.

SCUOLA SPAGNOLA – Il trionfo della Spagna è stato totale. Capacità tecniche ineguagliabili, gioco “a memoria”, condizione fisica superiore, una generazione straordinaria di calciatori, la “scuola” del Barcellona. Era schiacciante il “paragone” fra le due nazionali con i giocatori della Spagna valutati complessivamente 650 milioni di euro e quelli dell’Italia 296, meno della metà.

Non regge l’alibi della stanchezza dopo le “fatiche” del campionato (sei juventini in squadra). Nella formazione spagnola, i giocatori del Barcellona (sei) e del Real Madrid (cinque) erano reduci da un campionato tiratissimo per il duello aspro e prolungato fra i due club. Erano note a Prandelli le condizioni precarie degli azzurri, soprattutto di quei giocatori variamente acciaccati (Chiellini, Thiago Motta, Cassano, Abate, De Rossi). In campo s’è visto un Pirlo irriconoscibile, per citare l’esempio più clamoroso. Ha retto il match il solo De Rossi. I “buchi” in difesa sono stati micidiali. La difesa della Juve ha fallito il match decisivo, ma non ha avuto il sostegno dei centrocampisti sia in fase passiva che in disimpegno.

OMAGGIO FINALE – Prandelli poteva inventare una formazione più “viva” per la finale? Poteva impiegare Maggio, Ogbonna, Nocerino, Diamanti, Giovinco? Non c’è controprova che con uomini più “sani” in campo l’Italia avrebbe raccolto un risultato diverso nella finale di Kiev. La formazione-tipo è stato un omaggio agli undici che avevano riacceso l’entusiasmo attorno alla nazionale nelle partite contro Inghilterra e Germania. Una “debolezza sentimentale” che Bearzot pagò caro in Messico nel 1986, fedele a cinque reduci del Mondiale vinto in Spagna quattro anni prima.

Forse un paio di innesti sarebbero stati necessari dall’inizio e Prandelli avrebbe avuto maggiori chanche nei cambi che sono stati obbligati per infortuni muscolari nel corso della partita (Chiellini, Thiago Motta). Alla fine, si può dire che solo l’ingresso di Thiago Motta (e non Diamanti, non Giovinco) è risultato discutibile.

L’Europeo va in archivio. L’Italia ha perso la finale, ma complessivamente ha giocato un buon campionato esaltandosi nei quarti contro gli inglesi e nella semifinale contro i tedeschi. Forse, una “base” c’è per guardare al futuro con fiducia. Ma sarà necessario un ringiovanimento della “rosa”. Ci vogliono nuovi “pilastri” per costruire una squadra competitiva.

MIMMO CARRATELLI

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