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L’Italia non parte battuta e fa paura alla Germania

Uber alles, ma che? Le panzer-divisionen hanno vinto tre Mondiali e tre Europei, arrivano sempre in fondo a tutto, ma da tempo non vincono più nulla. Una maledizione? Da ventidue anni la Germania non vince un Mondiale, da sedici non conquista un Europeo, i club non vincono la Champions da undici anni e l’Europa League da quindici. E anche questa Germania forte e multietnica, rinvigorita da sangue polacco, spagnolo, tunisino, ghanese e turco, guidata da Joachim Loew, un tipetto col naso e i capelli a punta, non ha ancora vinto nulla, però vuol far paura all’Italia in questa semifinale di Varsavia perché è più giovane e bella, perché ha riposato due giorni in più, perché gioca quasi a memoria, perché ci sono quelli del Bayern e trallallera e trallalà.

Sono forti, non c’è dubbio, (i più forti dopo la Spagna?), di passo svelto, quadrati ma anche agili attorno al divino Ozil, il faro del Real Madrid a centrocampo, hanno tempra, tenacia, martellano, aggrediscono sulle fasce, segnano molto. Però? Però “porca misera” (così in italiano ha titolato il quotidiano berlinese “Der Tagesspiegel”), “porca miseria wieder Italien”, porca miseria di nuovo l’Italia, la nazionale dei furbacchioni, dei difensivisti, dei misirizzi che rimangono sempre in piedi, dei pasqualino settebellezze, di pane e cioccolata, e spaghetti e pistole, senza pensare allo spread, che in sette confronti mondiali ed europei non gliene ha fatta vincere una (3 vittorie, 4 pareggi), e sono ancora là, i tedeschi, che non se ne fanno una ragione.

Uno solo di questi che giocano oggi era nato quando battemmo la Germania nella finale mondiale di Madrid. Era il 1982 e Klose aveva 4 anni. Non volavano neanche sulle ali delle cicogne quando, ancora prima, stremammo la Germania a Città del Messico nel 1970 infilandola all’ultimo respiro col piattone di Gianni Rivera per un 4-3 leggendario. Questi giovani nuovi, belli e forti, hanno cominciato ad affacciarsi sulla scena nel 2006 quando ai supplementari li eliminammo dal Mondiale in casa loro e c’erano in campo Lahm, Schweinsteiger, Klose e Podolski (per noi i superstiti sono Buffon e Pirlo). Dunque, anche i nuovi hanno patito la tradizione contraria (complessivamente siamo avanti con 14 vittorie, 9 pareggi e 7 sconfitte).

E’ vero che le statistiche non scendono in campo, che i tabù sono fatti per essere abbattuti e che scurdammoce ‘o passato, ma la Germania ha una gran fifa che l’Italia la rimandi ancora dietro la lavagna. Teme l’intelligenza tattica degli azzurri, la capacità degli italiani di “adattarsi” al match e di punirli al minimo errore. Sono forti, ma non invincibili ha detto Prandelli. I centrali difensivi sono lenti. Qualche “buco” ce l’hanno. L’abilità della nazionale azzurra sarà quella di infilare in quei “buchi” la stoccata vincente, di resistere alla loro forza e di sfruttare i loro punti deboli. Ma per far questo bisogna “rifare” il match contro l’Inghilterra. Cioè impadronirsi della partita conquistando il cuore del gioco. Mai subire i tedeschi, o subirli troppo a lungo. Aggredirli spezzandone le trame, togliendogli il pallone e impegnandoli nel contrattacco, ribattere il loro gioco sulle fasce, chiedere a Balotelli che rivaleggi con Gomez, i due Mario a confronto che potrebbero decidere la gara.

Ci vuole cioè una partita “attiva” dei nostri, non difesa bassa e contropiede, ma fase difensiva alta che cominci col pressing sui difensori e sui portatori di palla, non fare ragionare i tedeschi, aggredirli nella loro metà campo, non permettergli di prendere velocità. Rubare palla e via. E qui viene fuori la vera incognita del match: le condizioni fisiche degli azzurri dopo le due ore di gioco contro gli inglesi e i due giorni di riposo in meno.

Ma ora è un’Italia che ha rotto lo scetticismo iniziale, che ha superato il “rodaggio” dei gironi, che è stata finalmente squadra contro l’Inghilterra nella precisa applicazione di ogni azzurro nel suo ruolo, nei raddoppi di marcatura, nella pressione alla difesa inglese, nell’iniziativa costante. La Germania è un’altra cosa rispetto alla pallida formazione britannica che ha solo aspettato i rigori. La Germania non aspetta, parte in quarta, vuole il dominio del match. Ha nerbo e orgoglio. La nuova generazione cerca l’affermazione che la consacri. A centrocampo sarà battaglia dura contro i due mediani che partono da dietro (Khedira e Schweinsteiger), le mezze punte che ruotano (Muller, Ozil, Podolski) e le discese di Lahm. Loew ha detto che non marcherà a uomo Pirlo per spegnere la fonte del nostro gioco, ma forse da parte italiana qualche marcatura stretta dell’avversario sarà opportuna (Ozil è da mettere in catene).

Complessivamente la squadra tedesca è più giovane di 33 anni rispetto all’italiana, solo Klose supera i trent’anni (34), Lahm è il più vecchio dei giovani (29), sono in sei sotto i 25 anni. Noi abbiamo cinque trentenni e anche più. In altezza la Germania vanta complessivamente una superiorità di 29 centimetri, le torri sono i due centrali Hummels (1,92) e Badstuber (1,89), l’attaccante Gomez (1,89), Khedira (1,89), il terzino Boateng (1,92). Noi abbiamo solo Bonucci (1,90) e Balotelli (1,89) tra i colossi. Ma il punto è come sfruttare la fisicità nei contrasti, nella corsa, nella copertura del campo. L’intelligenza, la prontezza, l’abnegazione potranno più della forza muscolare.

Se la Germania parte favorita, l’Italia non parte battuta. In questo sottile “equilibrio” il match cerca i punti di forza e di rottura. La difesa italiana a quattro, con Bonucci e Barzagli in mutuo soccorso su Gomez (o Klose), dovrebbe reggere. Sulle fasce bisogna saper difendere e attaccare, a destra contro Lahm e Podolski, a sinistra contro Muller e Boateng. Ma la Germania starà attenta a non sbilanciarsi, a non offrirsi scoperta sui lanci di Pirlo, sulle penetrazioni di Marchisio, sugli inserimenti di De Rossi e Montolivo. Se almeno brillasse il genio di Cassano, avremmo un gran punto a favore.

Ci vorrà molta pazienza, molta tenacia, senza abbassare il ritmo, senza individualismi, a meno che Balotelli non sfoderi quelle sue conclusioni improvvise da fermo che lacerano l’aria, ma devono infilarsi in porta, e Cassano non inventi una traiettoria magica. Sarà un match di impegno durissimo e costante. La Germania sembra non avere il problema del gol. Ce l’ha l’Italia e solo questo, alla fine, potrebbe fare la differenza a nostro sfavore. L’Italia è squadra che tira abbastanza, ma non inquadra la porta. Migliorare la mira per la sorpresa. Potrà essere una notte dolce a Varsavia da cantare l’indimenticabile “Varsavia Beguine”. Non è più tempo di porompompero. La cantava Achille Togliani quando giocavano “Marisa” Boniperti e “Veleno” Lorenzi, sessant’anni fa. Sarebbe un magnifico slow per una notte felice e azzurra, da farci un sogno europeo.

MIMMO CARRATELLI

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