Un futuro con molte incognite (Insigne lasciamolo un altro anno a Pescara)

La Coppa Italia (25 anni dopo l’ultima vinta con Maradona, 50 anni dalla prima vinta con il petisso Pesaola debuttante sulla panchina azzurra) dopo il terzo posto e tre anni di partecipazioni europee segna la prima vittoria della gestione De Laurentiis-Mazzarri e accompagna un percorso soddisfacente del club risorto dal fallimento (otto anni fa).Nella finale […]

La Coppa Italia (25 anni dopo l’ultima vinta con Maradona, 50 anni dalla prima vinta con il petisso Pesaola debuttante sulla panchina azzurra) dopo il terzo posto e tre anni di partecipazioni europee segna la prima vittoria della gestione De Laurentiis-Mazzarri e accompagna un percorso soddisfacente del club risorto dal fallimento (otto anni fa).Nella finale di Roma il Napoli ha esibito una grande compattezza di squadra, di cui ha beneficiato la fase difensiva, che se solo l’avesse avuta a Londra, nel “ritorno” col Chelsea, probabilmente oggi gli inglesi non sarebbero campioni d’Europa. Si tratta di due momenti diversi, il 14 marzo allo Stamford Bridge e domenica a Roma, perciò diverse le condizioni nelle due circostanze da dare a questo “paragone” un mero carattere di curiosità.

Si dice che il Napoli è squadra da “partita secca”. Lo dimostrerebbero le notti magiche in Champions, in cui le due finaliste di Monaco non hanno mai schiacciato gli azzurri, e la finale di Roma. Questo, a parte le pressioni psicologiche dei “confronti diretti”, che accrescono la carica agonistica e la concentrazione, confermerebbe l’inadeguatezza della “rosa” di Mazzarri a sostenere un torneo lungo. I turn-over e gli avvicendamenti imposti da infortuni o squalifiche sono falliti per la modestia delle sostituzioni. E non è un caso che la Juve è stata battuta dal Napoli dei titolarissimi (assente il solo Gargano per squalifica). Anche la Juve, ruotando con gli stessi uomini ma in sole 43 partite, alla fine ha mostrato la corda, non solo nella finale di Roma, ma in molti pareggi. Cioè la squadra “corta” ha grandi chance di sorprendere e vincere, ma alla lunga ha bisogno di forti ricambi per tenere il passo. Il Napoli ha però disputato una stagione lusinghiera (51 partite) con 24 vittorie, 15 pareggi e 12 sconfitte.

Questa riflessione sulla panchina più inadeguata che corta e la partenza di Lavezzi (le lacrime di Roma la confermerebbero) impongono un preciso rafforzamento della squadra in cui una maggiore solidità della difesa (eroica contro la Juve, ma spesso manchevole), un altro forte centrocampista (Asamoah?) e due esterni giovani e di valore (verrebbe da pensare a Schelotto e Armero) sembrano le esigenze più immediate fermo restando il 3-5-2. Se Vargas vale gli 11 milioni spesi per lui, il cileno dovrebbe essere il sostituto del Pocho sulla destra dell’attacco (pare con migliori qualità di verticalizzazioni, capacità “secca” nell’uno contro uno e tiro). Però Mazzarri ha accennato una volta a 4 top-player e, quindi, avrà idee più precise e concrete delle nostre disquisizioni giornalistiche. In ogni caso, è fuori di dubbio che si deve “incidere” molto sulla difesa e sulla nuova qualità della panchina.

Insigne, nell’interesse stesso del giocatore, varrebbe la pena lasciarlo ancora un anno al Pescara per fare la prima esperienza in serie A. L’interessamento per Verratti, reclamizzato come il nuovo Pirlo, imporrebbe una ristrutturazione del centrocampo tutta da scoprire. Infine, il modulo di gioco. Se si partisse con Vargas verrebbe confermato il 3-5-2 con Cavani-Vargas di punta e Hamsik fluttuante in mediana. Da qui fino ai giorni del mercato ne sentiremo di belle. L’anno prossimo sarà un campionato interessante in cui nessuna “grande” sarà la stessa (forse da rifondare Inter, Milan, Roma). Presentarsi competitivi al nastro di partenza potrebbe voler dire lottare per i primi posti.
Mimmo Carratelli

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