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Ljaijcic e Rossi siamo noi e il tecnico doveva dimettersi

Sara’ che questo finale di campionato lo passo sballottato tra la Copertino leccese e la Cupertino californiana ma seguo con distacco le ultime vicende del calcio italiano, fatta eccezione per il Napoli ovviamente.
Qualche giorno fa, a seguito dei fatti di Genoa, Ilaria scrisse su facebook “Sculli uno di noi”, io le risposi che no, non avrei mai potuto dire quelle parole, e questo per svariati motivi, non ultimo dei quali il fatto che i capi ultra’ del Genoa, gli stessi che avevano sequestrato le maglie, dichiararono che il suddetto Sculli se non fosse stato un giocatore, sarebbe stato uno di loro.
Tuttavia, da un certo punto di vista questa argomentazione mi darebbe ragione e torto contemporaneamente – e lo stesso a Ilaria ovviamente – nel senso che effettivamente Sculli e’ uno di noi, di noi tifosi intendo.
E lo stesso si può dire di Ljaijcic.
Io non frequento i forum viola – faccio fatica a volte anche a seguire quelli azzurri – tuttavia se lì sopra vi scrivono un decimo degli epiteti che noi tifosi rivolgiamo a DeLa e Mazzarri, il buon Ljaijcic si potrà essere convinto, senza troppa fatica, che Della Valle, lo scarparo a pallini come affettuosamente lo soprannomina Dagospia, e’ un pitocco pappone e Rossi un incapace presuntuoso.
Per cui io, Ljacic, se un vecchio presuntuoso mi sbatte fuori dal campo mi sento autorizzato a ricordargli chi penso che lui sia, cioè un vecchio incapace di apprezzare il mio talento cristallino.
Tuttavia anche Delio Rossi e’ uno di noi, perché se penso a me stesso in quella situazione di tensione con un ventenne presuntuoso che mi insulta, beh insomma un cazzotto glielo avrei pure tirato, giusto per la soddisfazione.
E quindi tutto sommato l’errore più grave di Delio Rossi a mio parere non e’ stato quello di rifilare un paio di paccheri a un ragazzino ricco e viziato.
L’errore più grave, quello che non gli perdono, e’ quello di non aver dato le dimissioni dopo la partita.
Quando tu sei costretto a imporre la tua autorità con le mani, in un contesto come quello di uno spogliatoio, razionalmente sei finito come allenatore in quella squadra.

Per cui io sarei andato da Della Valle e gli avrei detto, scusa mi son lasciato fregare dalla tensione, ho fatto una cosa che non andava fatta, ho sbagliato e me ne assumo la responsabilità. Magari avrei condito la cosa con pittoreschi insulti sullo spogliatoio di ragazzini viziati, ma al netto delle contumelie mi sarei dimesso.

Invece Delio Rossi meditava di scusarsi, non di dimettersi, perfettamente  in linea con una classe dirigente che ci rappresenta perfettamente, anzi forse e’ persino migliore di noi, per la quale classe dirigente ogni cazzotto deve essere contestualizzato, mentre le parole sono travisate e il pensiero manipolato dai giornalisti.

Ora magari hanno pure ragione Ilaria e Giulio nel dire che e’ ingiusto pretendere un’assunzione di responsabilità da parte del calcio, con la classe dirigente e con il paese marcio che ci ritroviamo. Pero’ da qualche parte bisognerebbe pure cominciare, e mi sarebbe piaciuto che il primo passo lo si fosse fatto nel calcio, al netto di presidenti imbelli, tifoserie repellenti e giocatori avidi e/o viziati.
Eugenio Angelillo

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