E’ stato bello vincere la Coppa Italia. Dopo ventidue anni ci siamo portati a casa un trofeo. Un mio amico appena trentenne ha scritto una cosa intensa e commovente su Facebook (lo aggiungo nel post scriptum) in cui dice che in tanti anni non aveva mai vinto nulla e domenica si è messo a piangere come un bambino. Ha ragione, ci sono tanti tifosi giovani che non avevano mai avuto una gioia così.
E’ stato bello vincere la Coppa Italia perché questa squadra aveva fallito troppe partite decisive (l’anno scorso a Milano e Villarreal, quest’anno a Londra) e invece stavolta ce l’abbiamo fatta alla grande.
E’ stato bello anche perché l’avversario era la Juve, e solo qualche giorno fa ho sentito Andrea Agnelli tromboneggiare in tivvù sulla loro nuova iniziativa, il Museo degli Invincibili. Scusa Andrea, ma non ho sentito bene… Come hai detto? Invincibili?
Sì, mi sono piaciute anche le lacrime del Pocho, andrà via lasciandoci un ricordo dolcissimo, gli vorrò sempre bene anche perché la sua ultima immagine in maglia azzurra sarà legata ad una grande vittoria.
E’ stato bello perché Cannavaro per una volta l’ho sentito davvero come un Capitano, degno di rappresentarci e di alzare la coppa.
Mi è piaciuto vedere i tanti tifosi in festa per le strade, per chi vive a Napoli forse è normale, ma per chi sta fuori è sempre un’emozione particolare.
Ho goduto perché la telecronaca Rai era insopportabilmente pro-Juve, tutti ad affannarsi nel dire che “Ora i bianconeri stanno reagendo…”. Sissì, come no…
Insomma, una grande soddisfazione.
Però io avrei preferito vincere due a zero a Bologna e prenderne due dalla Juve.
Se fossi un vero figlio di buona donna chiuderei qui l’intervento, per il gusto un po’ cervellotico di farmi insultare. Invece sono un bravo ragazzo, e mia madre mi diceva sempre “Ricordati che sei un signore figlio di signori”. E allora aggiungo che il terzo posto ci avrebbe dato prospettive future diverse, sicuramente migliori. Avremmo conquistato non solo i soldi dei diritti Tv, ma anche una maggiore capacità di attrarre giocatori di primo piano, vogliosi di giocare in Champions. Avremmo potuto vivere un’altra stagione piena di emozioni e di attese. E la Coppa Italia non ci dà nulla di tutto questo, ma solo il diritto di giocare una partita estiva che conta quanto il due di briscola.
Giulio Spadetta
Ps
ecco cosa ha scritto il mio giovane amico:
Provateci voi a nascere nel 1982, diventare tifosi incalliti del Napoli col tempo e subirsi 15-16 anni (primo abbonamento nel ’92) di delusioni profonde (e qualche minuscola gioia). Provateci voi a stare accanto per decenni ha chi ha visto DI(EG)O, a chi ha ancora vivo negli occhi e nella mente le sue gesta… a chi ha gioito e preso in giro tutti gli altri per anni ed ha avuto il più grande di tutti i tempi a sua disposizione, magari per decenni. Quegli stessi decenni che tu hai trascorso… di merda! Provateci voi ad avere accanto chi aveva una squadra fortissima e di cui andava orgoglioso, mentre a te restano i cocci. Quei cocci, poi, li vendevano pure (Ferlaino). provateci voi a fallire, a giocare per anni con squadre di merda in paeselli sperduti e a non poter mai gioire per una vittoria, perché dovuta. Provateci voi a subire Reja per qualche anno e quel suo tema tattico “vorrei ma non posso, magari se sbagli, ne approfitto”. Vomito. Al solo ricordo. Provateci voi ad avere Montervino capitano per anni, a non vincere mai un cazzo, mentre tutte le altre grandi città d’Italia (chi più, chi meno) raccolgono onori e soddisfazioni. provateci, voi. E poi potrete dirmi che sono uno stronzo. Perché dal minuto 83′ della gara di domenica sera fino a 20′ oltre il fischio finale, piangevo. E non di gioia, ma singhiozzando. Al pensiero di quanto ho gridato, di quanto mi sono sbattuto, di quante energie fisiche, economiche e mentali ho riversato in questo CAZZO DI GIOCO. Meraviglioso, stupendo, unico. Ma pur sempre un gioco, un gioco in cui desideri misurarti con chi è come te, o meglio. Per magari vincere e, finalmente, avere una cazzo di ragione per gioire…