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Claudio Botti: «Quei fischi non li giustifico, li condivido»

Claudio Botti, avvocato, ex vicepresidente dei penalisti italiani, fondatori del Te Diegum. Era all’Olimpico?

«Sì».

E i fischi li ha sentiti?

«Certo».

Dispiaciuto?

«Divertito».

Ha fischiato anche lei?

«No, però mi ha fatto piacere che qualcuno l’abbia fatto».

Cos’è, adesso si iscrive al partito del vittimismo?

«Ecco, una cosa vorrei precisarla. A quei fischi sono state addotte le più svariate giustificazioni: il Nord cattivo, la contestazione ai politici, le critiche ad Arisa».

Quale la convince di più?

«Nessuna».

Scusi, e allora perché avrebbero fischiato?

«È un episodio che va letto tutto in un’ottica strettamente calcistica. Senza tirare in ballo la politica, la musica e — soprattutto — le revisioni storiche».

Eppure ci sono centinaia di commenti sul web che rimandano a questa chiave di lettura.

«Quelli che hanno fatto partire i fischi hanno una sottocultura. Il loro confine è il calcio, si muovono in un orizzonte esistenziale che inizia e finisce con un campo di pallone. Neppure sanno chi è Cavour, credete davvero che abbiano fischiato contro il Nord predone?».

Allora perché li giustifica?

«Io quei fischi non li giustifico. Li condivido».

Addirittura?

«Sì, perché — come diceva Maradona — ci si ricorda dell’unità nazionale solo per le grandi competizioni, ma quando i napoletani sono insultati negli stadi di tutt’Italia invece nessuno condanna chi lo fa».

Ci sarà una differenza tra i cori tra tifoserie, anche i più beceri, e la contestazione dell’inno?

«I cori bisogna saperli ascoltare. Tutte le partite che il Napoli gioca in Italia — fatta eccezione per Catania, Palermo e Genova — sono caratterizzate da insulti alla città, non alla squadra. È accaduto anche durante la finale. I napoletani cantavano cori contro la Juventus, i bianconeri invece contro Napoli. Vesuvio, colera, camorra: che c’entrano?».

Dice che è per questo che hanno fischiato?

«Si ribellano all’isolamento. Sono insultati perché cittadini di Napoli, non in quanto tifosi».

Cioè non si riconosce l’inno della nostra patria perché qualche imbecille ci insulta negli stadi?

«Loro fischiano la nazione calcistica, non quella reale».

Il presidente del Senato Renato Schifani si è detto «sconvolto» da quei fischi. E il numero uno del Coni Gianni Petrucci li ha definiti «incultura e becerume».

«Se ogni domenica il presidente del Senato e quello del Coni prendessero posizione contro chi insulta Napoli, be’ allora potrebbero fare la reprimenda. E, con loro, tutti gli organi federali, che tacciono sistematicamente».

Non è che così si alimenta il mito (pericoloso) di certi ultras, il famigerato «soli contro tutti»?

«La condizione di isolamento della città e della tifoseria è reale, davanti agli occhi di tutti. E quei fischi sono una reazione».

Gianluca Abate (tratto dal Corriere del Mezzogiorno)

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