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Non ci provate neanche a criticarli

Non ci provate neanche a criticare i nostri eroi. Perché di questo parliamo: eroi, leoni, ragazzi che hanno dato più di tutto. Mi fai ridere, Paolo Rossi che hai fatto sei gol, di rapina, in un mondiale. Perché per me fu Salvatore Schillaci, il mio eroe. Uno che diede tutto è non si sporcò con il delitto più grande che un giocatore può commettere fuori e dentro un campo di calcio. Non vinse, pazienza. I veri vincitori sono quelli che non simulano una botta al viso e poi aprono l’occhio, colpevole, per vedere cos’hanno rubato. No, i miei ragazzi non sono come te, Didier: tu, il miglior attaccante del mondo che ha vinto una partita da solo, non sei stato grande come pure meritava il tuo talento. Quel gesto, che i miei non hanno pensato neanche nel momento più disperato, ti qualifica per quello che sei. Quattro a uno, l’impietosa dura legge del gol ci riempie il viso e gli occhi di lacrime, ma noi abbiamo vinto. Lo abbiamo fatto quando il Capitano ha abbracciato Lavezzi distrutto dalla delusione, quando Inler ha tirato fuori il suo carattere (e il suo tiro) da Champions, persino quando Campagnaro, Dossena, Aronica hanno capitolato. Perché ce l’hanno messa tutta, perché il sogno che ci ha portato a far paura in 210 minuti a chi ha dalla sua la potenza volgare di soldi e sogni sporchi di oro nero, nero di petrolio e corruzione, ce lo hanno fatto vivere fino alla fine. Tutti. Nessuno rimanga indietro, tutti vengano portati in trionfo, perché abbiamo fatto tremare l’Europa, perché uno come Deschamps che ha vinto un mondiale alla grande ci ha definito la quarta potenza europea. Lo squadrone siamo noi, quelli che non hanno perso tempo per un pallone sgonfio, quelli che non hanno simulato, quelli che nel tempo supplementare non avevano dalla loro un pavido arbitro che ha fischiato la fine 15 minuti prima o che ha visto solo la mano di Dossena ma non quella di Drogba pochi secondi prima, quelli che sul 2-1 hanno cercato il pareggio, quelli che hanno battuto e contrastato squadre che insieme fanno 2 miliardi di euro, quelli che hanno onorato questa maglia con tutto quello che avevano in corpo. E anche qualcosa in più.

Ora rimanete uniti, voi “famiglia” come vi ha definito il Matador, non arretrate d’un passo. Non siamo andati a Stamford Bridge come vittime, ma come campioni: 5 palle gol lo dimostrano. Potete fare qualsiasi cosa: ora sta a voi prendervi quello che meritate al Friuli, nella semifinale di ritorno di Coppa Italia, nello stadio zebrato, all’Olimpico. E ovviamente al San Paolo. Mi è piaciuto Aurelio che ha fatto i complimenti a Walter e ai ragazzi, mi è piaciuto Mazzarri con quelle lacrime che solo un duro poteva ricacciare indietro come ha fatto lui, mi è piaciuto Gargano che non mollava mai, Zuniga che ha dimostrato che l’amore è Cech, ma la sfiga ci vede benissimo. Sei anni fa in C, ora in cima all’Europa, a farci applaudire anche dagli avversari. Un sogno, anche questo, perdere ed essere orgogliosi sempre e comunque.

Ti amo Napoli, come la squadra schierata in campo oggi davanti alla tv. Tania, la fantasista generosa e coraggiosa, Alessandro il leader silenzioso, i tre tenori Carlo (quell’abbraccio non lo dimenticherò)-Dario- Daniele, le Caterine, le gemelle del gol (e grazie a chi mi ha sempre offerto la sua fronte), Domenico, l’eroe che è tornato quando chiunque sarebbe rimasto sul posto, Salvatore, il fuoco di ghiaccio. E Ferdinando, in trasferta, che era con noi. Che squadra, ragazzi. Come non amarla? Come non essere fieri d’essere parte di qualcosa di così grande come questo sentimento invincibile e implacabile? Come non sentirsi straordinari quando, a sconfitta avvenuta, si esplode tutti in un applauso sincero, convinto, potente? Perché lo so che Ezequiel e Totò, Edinson e Marek, i Walter e persino Edu l’hanno sentite quelle mani battere, anche da quel salotto romano. Forza Napoli, sempre, comunque e ovunque.

Boris Sollazzo

P.S.: e ora ragazzi, non mollate. A quei pusillanimi che non credono in voi, a quegli infami che v’hanno gufato, fate mangiare la polvere.

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