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Ricordando Massimo Troisi nel giorno del suo compleanno

A pensarti succede dentro un traffico di sentimenti. Il pianto, il riso, il rimpianto, l’attesa. L’unico attore capace di suscitare non soltanto ilarità e gioia nella velocità repentina di una battuta. Massimo Troisi riusciva (e riesce) a inventare la Felicità. Quello stato dell’anima che capita senza preavviso pure nella tristezza, che ha molto a che fare con quell’istinto di conoscenza della vita e del presagio del suo limite ultimo. C’è una filosofia sottesa dentro ogni smorfia e parola biascicata che differenzia il bravo attore dall’artista immortale. E dentro quel volto e quegli occhi ne abitavano chissà quanti incontrati nelle strade del mondo. Nelle strade di una città come San Giorgio a Cremano dove in fondo risiede l’umanità che è simile ad ogni latitudine: da Calcutta a New York, da Rio a Berlino. La sensibilità di osservazione come attitudine naturale e costante.

Eppure Massimo è inevitabilmente napoletano. Abita tra i vizi e le abitudini con cui ci piace spesso definirci per vezzo al fine di contraddistinguerci da altri popoli e altre città. Quella provvisorietà e indefinitezza tutta partenopea per cui un appuntamento si fissa per le cinque e mezza/sei. Dove la mezz’ora è concessa ad agio dell’accorrente e di chi attende, incomprensibile in tante altre parti del globo. Quella generosità involontaria che permette pure ad uno sconosciuto di disporre deltempo di un’altra persona, bene prezioso eppure tante volte sprecato. Massimo ha conosciuto sin da piccolo questo senso di provvisorio. Lo spreco non poteva appartenergli in vita. Dentro lo sguardo, la battuta, la scena ora possiamo vederla anche noi quella transitorietà che viveva in lui ogni giorno: quell’oggi ci sto e domani si vedrà era un carpe diem allo stato essenziale.

Ad uno che ha vissuto nell’intensità degli attimi lo spreco non appartiene, quello è solo nostro e vive nella mancanza e nella sua assenza. Perché è costante il pensiero, in ogni fatto di cronaca e di vita, immaginare cosa lui avrebbe detto in proposito. Quale lettura avrebbe dato di governi tecnici, Celentano, Sanremo, Grande Fratello. E cosa avrebbe detto di questo Napoli? Dei prezzi astronomici per ilChelsea, dei gol di Cavani e delle finte di Lavezzi.

Non lo sappiamo. Non possiamo immaginarlo.

Nel giorno della sua nascita lo ricordiamo per raccontare a noi stessi  l’orgoglio di essere appartenuti di tanto in tanto a questi suoi sentimenti. Quell’orgoglio vero, che prescinde coppe e scudetti di campi di calcio, della comune appartenenza ad una terra che sapendola raccontare ha reso ancor più grande con la sua grandezza.

A Massimo. Che mai è andato via. A quello sguardo che ci vive dentro.

Valentino Di Giacomo

Un immenso grazie a Domenico Scamardella per le parole ispiratrici scambiate

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