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Qualcuno può giurare che Napoli sia un grande modello di efficienza?

Alla partita con l’Inter il Napoli era arrivato con i pensieri in disordine. Confusi i rapporti interni. La stravagante tesi di Mazzarri, per giustificare un avvilente settimo posto, aveva disilluso i tifosi e turbato il presidente. Sarà un caso, ma ieri mattina De Laurentiis aveva in tasca i conti. Il Napoli non è settimo nella classifica degli ingaggi, come è stato domenica sera raccontato all’Italia del calcio, ma quarto calcolando i bonus.

La società è terza negli ultimi tre anni per investimenti. Supera i 130 milioni. Dato non trascurabile sul potenziale tecnico del Napoli. Ma immaginate: che sarebbe successo se il Napoli non avesse battuto l’Inter? De Laurentiis è un imprenditore. Ha visto calare il buio sui suoi progetti. Non poteva sopportare un Napoli che definisce normale il settimo posto, con sette punti in meno dello scorso anno, a dodici dai campioni d’inverno e a 9 dal terzo posto che vale la nuova Champions.

Che cos’è un uomo d’affari senza traguardi? E un uomo di calcio senza sogni? È uscito dalla partita più intensamente vissuta come chi tocca terra dopo lo spavento di un brutto volo. Aveva già deciso di tornare a Castel Volturno, dove mancava da settembre. Controllare i lavori eseguiti e riprendere i vecchi rapporti. Con Mazzarri, con Fassone eBigon che hanno i contratti in scadenza, con qualche giocatore dagli umori indecifrabili, come Lavezzi.

La prima reazione è stata però sgradevole dopo la partita. Nessuno peggio di Aurelio De Laurentiis sa velocemente trasformarsi da raffinato signore della Piazzetta di Capri in burino di borgata romana. Lo descrivono così anche nel mondo del cinema. Per il disaccordo su una battuta del copione litigò per una notte filata con l’attore Boldi, poi tornarono amici. Le frasi irate della conferenza dopo la partita, quelle che ballavano sul web ieri («A Napoli non funziona un c… Non avete vinto niente per vent’anni… Se ci penso torno in America…») non sorprendono.

Chi può giurare che Napoli sia una metropoli modello di efficienza nei servizi? De Laurentiis in sette anni ha portato il Napoli dalle ceneri della Fallimentare alla Champions, in una città che per salvare la B non raccolse sei milioni tra 12 imprenditori. Coraggio e intuito sono indiscussi. Non deve tuttavia dimenticare che nell’agosto 2004 raccolse una storia immensa, quel corpo senza vita aveva un’anima. Quale altra città manda sessantamila tifosi a una partita di C per una squadra che appena rinasce? Proseguono i commenti, i tifosi magari si dividono, ma De Laurentiis è già al lavoro sui programmi.

Altro che abbandono. Ha cominciato dal direttore generale, MarcoFassone. Era venuto dalla Juve per ripetere a Napoli il capolavoro dello stadio nuovo di Torino. È tutto fermo. Comune e Napoli attendono che si muova qualcosa in Italia, è bloccata anche la legge sugli stadi da rinnovare. I rapporto sono eccellenti, ma De Laurentiis e de Magistris curano fino in fondo i rispettivi interessi istituzionali. L’annuncio di uno stadio a Ponticelli è stato forse solo un cenno di cortesia ai “grandi elettori” di Napoli Est.

Un’adorabile utopia. De Laurentiis non vuol privarsi intanto di Fassone, stimato da dirigenti federali, arbitri, società straniere. Il presidente spera anche di estendere il marchio Napoli su mercati lontani, dall’America alla Cina. E in Italia? Tocca a Mazzarri accelerare la risalita. Ha schierato contro l’Inter, che giocava sotto ritmo, prima rinunciataria e poi isterica, una difesa a 3, ma la squadra era più equilibrata nei meccanismi tattici.

Il settimo posto chiede scelte lucide o fortunate di volta in volta: Cavaniche ritrova il gol, Pandev ormai decisivo per intuizioni e assist, Lavezziche può far meglio e Hamsik che cerca una posizione. L’allenatore dovrà decidere. Giocano tutti e quattro con difesa a 4 e niente esterni (4-2-3-1) oppure deve escluderne uno. Ci risiamo: PandevHamsik?
(tratto da la Repubblica)
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