Inler, sotto la maschera… troppo poco

È arrivato a Napoli al termine di una telenovela che ce ne ha ricordato un’altra – ben più impressa nei nostri neuroni – risalente all’estate del 1984. È arrivato a Napoli dopo un lungo tira e molla intriso di rialzi, rifiuti, e abboccamenti con la Juventus. Quasi come fosse una star, un Lothar Matthaeus dei […]

È arrivato a Napoli al termine di una telenovela che ce ne ha ricordato un’altra – ben più impressa nei nostri neuroni – risalente all’estate del 1984. È arrivato a Napoli dopo un lungo tira e molla intriso di rialzi, rifiuti, e abboccamenti con la Juventus. Quasi come fosse una star, un Lothar Matthaeus dei giorni nostri.Ahinoi era solo Gokhan Inler, che però giungeva qui con una serie di credenziali che non finivano più e sedici milioni di euro in meno nelle casse della società.
A me non è simpatico. O meglio non lo fu da quella sera che venne al San Paolo, giocò un partitone (e fin qui nulla di scandaloso) con la sua Udinese, segnò un gran gol e non esultò. Non mi piacque, pensai immediatamente che un giorno avrebbe fatto lo stesso con noi. Avrebbe segnato a Milano e non avrebbe esultato per rispetto ai suoi futuri tifosi.
Poi, però, il tifo prende il sopravvento e dopo aver riso tanto della presentazione con la capa di leone, rito ridicolo cui fu sottoposto dal suo datore di lavoro Aurelio De Laurentiis, ho cominciato a pensare tanto allo svizzero. E a sognare. I suoi cambi di gioco, le sue verticalizzazioni, il suo pressing, le sue geometrie. Insomma tutto quel che a questa squadra era sempre mancato, perché Gargano è un grande mastino di centrocampo (e con lui Pazienza), ma il compasso non è arte sua.
E invece, dopo un inizio a mio avviso tutt’altro che disdicevole, pian piano Inler si è eclissato. Progressivamente e inesorabilmente. Fino a sparire quasi del tutto dal gioco degli azzurri. E dire che lo abbiamo comprato per questo: per illuminare il nostro gioco.
Non so cosa ci sia che non vada. Dicono che a Udine giocava in un centrocampo a tre, era protetto sia a destra sia a manca; qui no e ne risente. Fatto sta che gli avversari spesso risolvono il problema piazzandogli un uomo addosso (l’ultimo è stato Taider del Bologna) e Inler scompare dalla partita. Io però non dispero: un calciatore che improvvisamente tira fuori dal cilindro il gol che ci porta tra le sedici squadre più forti d’Europa quantomeno ha carattere. E quella sera a Vila Real Gokhan ha dimostrato di sentire le partite che contano. Ecco, io ripartirei da qui. Magari Mazzarri provvederà a trovare qualche accorgimento. Per ora, però, la stagione di Inler è sufficiente solo grazie a quel gol. Ma noi sappiamo aspettare.

Massimiliano Gallo

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