È tornato col suo “ammonilo” ed è rimasto a piedi citando Jannacci

Erano mesi che non tornava allo stadio. Due lunghi mesi, forse più. Precisamente da Napoli-Milan. Una vittoria, bella e meritata. Poi martedì con la Juve il rientro. Quagliarella torna al San Paolo, fischiatissimo. Lui pure, ma acclamatissimo. Ci era mancata la sua popolarità nel nostro spezzone di curva. Ma martedì non ho avuto il coraggio […]

Erano mesi che non tornava allo stadio. Due lunghi mesi, forse più. Precisamente da Napoli-Milan. Una vittoria, bella e meritata. Poi martedì con la Juve il rientro. Quagliarella torna al San Paolo, fischiatissimo. Lui pure, ma acclamatissimo. Ci era mancata la sua popolarità nel nostro spezzone di curva. Ma martedì non ho avuto il coraggio di raccontarvelo. Risultato e partita a parte, non avrei potuto raccontarvi di lui. Ci sarebbe stato un beep ogni due parole scritte. Così come se avessi raccontato di ognuno dei personaggi che mi erano intorno. Ecco il perché della scelta ricaduta sulla famigliola felice che, grazie a Dio o chi per lui, non ho rivisto contro il Lecce. Me lo immagino il trionfo di denti che avrebbero sfoggiato e la “marenna con le doppiette di melanzane”, in onore dei leccesi che avrebbero ingurgitato durante la partita. Martedì hanno vinto loro su tutti. Troppo belli da osservare, troppo snervanti per non condividerli con tutti voi.

Ma stavolta il clima è diverso. Lui, come tutti noi, è sicuramente più disteso e vive la partita in maniera diversa. Non perché prenda sotto gamba il Lecce, non farebbe mai quest’errore, ma semplicemente perché ha bestemmiato l’impossibile tra Atalanta e Juve e ora cerca di guadagnarsi uno spicchio di paradiso, cercando di essere buono con tutti. Perfino con Fideleff, al quale lui, da poco rientrato al San Paolo, lui che si è perso le prestazioni precedenti, se non per sentito dire, vuole dargli fiducia. E si vede. Ad ogni intervento di Mago Galbusera ha una parolina dolce. Storpia il suo nome, lo accosta al cantante degli Europe, trema ad ogni suo tocco. Il difensore è uno dei bersagli preferiti del suo proverbiale cinismo. Come non dargli torto?!

Nel pre-partita si vede poco. Scende a salutare amici, risale salutandone altri. Addenta panini che altri volentieri condividono, chiacchiera con tutti. La sciarpa a mo’ di bavaglino. Evidentemente vuole fare indigestione di goal e verrà accontentato.

All’ingresso dei giocatori in campo per il consueto riscaldamento, vede Cavani correre e ne è felice. Vede Gargano in panchina e ne è ancora più felice. Beh, si! Perché se trema ad ogni tocco di Fideleff, chiama UOMO ad ogni passaggio fatto a Gargano. E vi giuro che in una partita intera questo mette molta ansia. E’ contento del fatto che può guardarsi la partita rilassato.

Fischio d’inizio, pioggia incessante e malattia del Pocho. Delirio. Abbracci e baci a tutti, tutta la fila su e giù per riuscire a non perdersi neanche un’emozione. Perché festeggiare un goal è importante, sì, ma lo è di più con CHI lo festeggi. E lui lo sa. Se li va a cercare tutti, uno ad uno, gli amici con cui condividere questa gioia. Lo farà per ben quattro volte. Applaude contento Pandev e grida UOMO a Gargano prima del suo ingresso in campo. Per precauzione. Nel caso non avesse visto gli 11 con la casacca non azzurra. In effetti ha commentato spesso anche l’inesistenza del Lecce, ma poco male. L’unico obiettivo è prenderci i tre punti. Al primo fallo degli avversari, in qualsiasi zona sia, chiama il RIGORE e chiede il cartellino giallo a prescindere con un “Ammonilo!” che suscita le risate di chi si siede lì per caso e per la prima volta sente il neologismo.

Lui è anche uno che ti porta sulle montagne russe. Un secondo prima è felice ed è ottimista, un secondo dopo il pessimismo prende il sopravvento. Ma per fortuna dura poco e chi lo conosce lascia che si sfoghi. Quando il Lecce segna il primo dei due goal ricorda, come abbiamo fatto tutti, il secondo tempo del Napoli contro la Juve e gli scappa di nuovo qualche bestemmia di troppo. Gridata talmente tanto che per poco non va in iperventilazione. Mi sa che lo spicchio di paradiso è ancora lontano. La doppietta di Cavani e il nostro quarto goal lo rivitalizzano subito. In fondo non ha mai pensato veramente che il Lecce potesse raggiungerci, ma l’imprecazione è preventiva ed è servita.

L’arbitro fischia la fine e cacciamo definitivamente dalla testa quel pareggio di tre giorni prima. Certo vincere con il Lecce non è indicativo ma fa morale. Lui è d’accordo. E applaude al miglior Hamsik visto dall’inizio dell’anno, reincarnato in Pandev. Riabbraccia tutti, risaluta tutti. La prossima allo stadio è con la Roma, tra un’eternità. In mezzo ci sarà tanta roba, soprattutto il Villarreal che lui verrà a vedere da me, come tutte le partite in trasferta. E in pratica mi avverte che si avvia già verso casa mia per quanto è teso. E’ in vena di battute (o no?!) perché stasera si torna dallo stadio felici.

Si tornerebbe, se avessero lasciato aperta la metro o qualche autobus. E invece, gli tocca bestemmiare pure dopo la partita. L’angolo di paradiso è definitivamente perso, l’angolo d’inferno, invece, si ha la sensazione di doverlo vivere già qui. E come proprio lui ha commentato, citando un grande Jannacci: “Nessuno si occupa di quelli che prendono il tram”. Figuriamoci di quelli costretti ad attaccarvisi dietro.

Deborah Divertito

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