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La cena in trasferta per le partite infami

Metti tre napolisti a cena non a casa tua in occasione del Napoli in trasferta e chiediti tutto il tempo se sarai condannata ad essere flagellata per aver cambiato all’improvviso il rito di vedere la partita in trasferta a casa tua. Potrebbe essere questo il senso della partita di ieri, vista a casa di Cappella con Maurelli. Si parte con una brioche rustica che mi farà sognare il Bimby di notte per quant’era buona, ci si siede sparsi nel salotto mentre il padrone di casa lavora ai paccheri alla ricciola e noi ci auguriamo di non prenderne troppi sul campo, di paccheri.  Aspettiamo il calcio d’inizio guardando la registrazione dell’intervista a Carmando che il buon Fabrizio ha registrato in settimana, con annesso dibattito sulla questione monetina ad Alemao ed imprecazioni educate contro Donadoni che Carmando lo fece fuori senza neanche un perché (chi ama non dimentica, neppure Carmando). Appena seduti, Maurelli ed io ci interroghiamo sul senso di questa bruttissima partita: “dici che un pareggio potrebbe essere considerato come una vittoria?” mi chiede lui. “Dico che un pareggio è il massimo auspicabile da una serata così” rispondo io. Inizia. I primi 20 minuti passano senza prendere gol e siamo felici manco stessimo giocando contro il Bayern Monaco. Questo già la dice lunga su quanto temiamo le partite con le “piccole”, anche quando le piccole sarebbero virtualmente terze in campionato. Il primo tempo finisce in attacco e io mi mangio le mani perché le occasioni gol dell’Atalanta sull’orrido campo di Bergamo non sono di buon auspicio. Ma mi rincuoro di fronte alla ricciola e all’insalata con salmone e mele annurche che rinfresca il palato assieme al vino rosso da pesce delle cantine Morgante (Maurè, t’è piaciut’ ‘o vin’, eh?!). Si riprende e ognuno di noi sbircia il televisore come può, fino al gol assurdo regalato a Denis da quell’erroraccio in difesa. “Sarebbe stato meglio avessero segnato con quel tiro a volo” continua a ripetere un irritato Maurelli che però non perde l’a-plomb mentre Cappella pensa solo al Fantacalcio e avrebbe esultato anche per un gol di Matri (Dio!). Il momento è evidentemente complicato e l’educazione napolista ci fa alzare dal tavolo dimenticando le buone maniere e riprendendo le postazioni iniziali, anzi, no, perché io mi sposto sullo sgabello accanto alla televisione ché il momento è topico ed il Martire dice che devo concentrarmi di più. Una partitaccia in piena regola, con un assalto all’arma bianca furioso e sfortunato. Entra il Pocho e temiamo che quel cartellino giallo dipinto in alto a sinistra sia la fine del sogno di gloria contro la Juve. Per la miseria, penso, non posso capovolgere così il mio pensiero degli ultimi due anni e sentirmi così male per il pericolo che Lavezzi non ci sia martedì! Controlliamo tutti i siti, i canali, i santi in paradiso e non si capisce se è una bufala o verità. Tre minuti di recupero: se finisce così mi intossico. Poi Denis esce per beccarsi la standing ovation e pensiamo tutti a quel recupero in più dovuto alla lentezza del cambio. Ci sarà almeno un minuto in più di gioco. Inizio a pregare in silenzio. Ed eccolo, il 94°, il trasfigurato, quel piedino dal tocco magico e disinvolto che assomiglia alla famosa zampata cinica da grande squadra. Il trasfigurato Cavani che ci regala la magia. Tutti in piedi al centro del salotto e un sorriso ebete dipinto in volto. Uno scippo perpetrato in piena regola, manco fossimo stati a tre sul motorino e avessimo accostato a faccia coperta accanto ad un orobico per scippargli la catenina dal collo. Esultiamo. Inizia il dibattito, condito da un fantastico tiramisù. Il Martire dice che ci meritavamo il pareggio, io sostengo che ci meritavamo la sconfitta. Ma adoro vincere così, di cazzimma e fortuna, nella zona Mazzarri che ci mancava da tanto. Aspettiamo ansiosi l’intervista a Colantuono perché la faccia di un bergamasco scippato stasera potrebbe non avere prezzo e invece lui non fa una piega, si comporta da grande allenatore e gli dedichiamo il nostro plauso aspettando le dichiarazioni dell’uomo a cui invece dovrebbero togliere il microfono, Mazzarri. Come al solito non mi piace la sua faccia né tutto quello che dice, anche se vorrei averlo in panchina fino alla morte. Su Pandev riconosce l’errore, perché dico io, quello stasera aveva deciso di giocare, si era ricordato pure come si rubava palla e si teneva in campo e tu, che l’hai messo là per salvaguardare il Pocho, che fai? Ci fai spantecare tutti fino a quando ti fanno la domanda sul cartellino giallo e tu ci rassicuri finalmente che martedì sarà presente? Eccheccazz, Mazzà! Vabbuò, comunque è fatta. Pareggio grandioso, con un punticino che ci lascia a nove disgustosi punti dalla Juve capolista. Torniamo a casa in tempo per vedere le dichiarazioni di Marino. Da oggi il primo che rimpiange Denis lo paragono a quella testa pelata che ci ha fatto tenere sul groppone giocatori improponibili con contratti decennali. Sì, ci ha procurato lui molti campioni, è vero, e allora perché non pensare solo a quello invece che rimpiangere il panchinaro Denis come fosse Maradona? ‘Ste cose non le sopporto, mi irritano. E guardiamo avanti, no? Non stiamo sempre là a pensare a Cigarini. Ma che ha fatto Cigarini quando stava con noi ché l’avremmo mandato via a calci nel sedere? Insomma, morale della favola, è stata bella la partita napolista, che chiudiamo con una foto amarcord di noi tre che impugniamo i tesserini da pubblicista (io) e professionisti (loro) come cimeli da film dell’orrore per quanto sono orribili le foto che ci ritraggono. E mo, Fulvia, mi dispiace, ma dovrai invitarci ad ogni partitella infame contro una squadretta del sud-centro-nord. Noi portiamo il vino e voi mettete il resto. Uniti verso il pareggio, che stamattina mi sembra bello quanto una vittoria. E Forza Napoli. Sempre.
Ilaria Puglia

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