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Tutti i riti stravolti, ma abbiam vinto lo stesso

Giornata stravolta. Col mariunciello in cuorpo. E muoio dalla voglia di dirvi perché. Lo sapete, ormai, che i riti, per me, sono sacri. E oggi non li ho rispettati, non per colpa mia, sia chiaro. All’ingresso tribune incontriamo il nostro vicino di abbonamento, Vincenzo e lo seguiamo nel percorso, stravolto, appunto: la salita anziché la strada piana, il tornello a sinistra anziché quello a destra, accondiscendenza verso la steward anziché la solita reticenza a mostrare il contenuto della borsa. Mentre cammino mi ripeto di stare facendo qualcosa di cui probabilmente mi pentirò a vita, eppure una vocina, dentro, mi dice “segui il ritmo, lasciati trasportare, qualcosa arriverà”. Una volta dentro ancora una sorpresa. Quelli che in genere ci sono da prima di me mancano. Brividi lungo la schiena. Fortuna che Peppe Napolitano viene a salutarci prima dell’inizio – lui sì con la sciarpa napolista al collo – come sempre.
Appuntamento rituale in Tribuna Stampa con Cappella ed Agata a cui, da copione, dovrebbe aggiungersi Martucci all’intrasatta. Invece arriva Agata per primo. Con Martucci. Di Cappella neanche l’ombra. E, quando arriva, non ha con sé il pasticcino rubato al buffet giornalisti. Altro segno rituale che se non c’è va interpretato negativamente. Eppure. Che sole, che aria, che caldo meraviglioso. Inizia la partita e con lo spirito giusto, sembra. Poi il primo gol, poi il secondo. Tentenno, ma non mollo. C’è qualcosa nell’aria, questo tepore indescrivibile. Gol di Dossena. Esulto ma manca qualcosa. Benny, l’uomo dei Pocket Coffee, il mio compagno di abbraccio, resta seduto. Gli mollo una ginocchiata sulla gamba e gli dico solo “credici!”. Annuisce in silenzio. Il calcio è qualcosa di straordinario, mi ripeto, c’è ancora tempo. Un minuto dopo e siamo pari. Benny impazzisce. Mi guarda, sorride, è felice, mi abbraccia, forte, fortissimo, come non ha mai fatto finora.
Sette minuti e siamo ancora sotto. Ma ancora sento l’aria frizzante. Tocco la borsa, una carezza. Ciuccio fa’ tu, mi ripeto in testa. E’ a quel punto che arriva lui. L’Alieno. Tre pari. Nel parapiglia perdo una scarpa, la troverò poco più giù. Una gomitata sulle labbra. Sembra quasi un bacio per quant’è dolce una gomitata così. Gola in fiamme, occhi lucidi, rido, rido e rido ancora. Penso a Trapani, al nostro rituale scaramantico del ps7. Urlo “forza, che ce la possiamo portare a casa, li abbiamo stupitiati”.
Il calcio, che fantastica avventura, come la vita. Si può fare. Tutto può succedere. Lo sento, lo so. Tensione in campo, tensione sugli spalti. Dev’esserci qualche tifoso laziale. Penso “chissenefrega, non mi schioderete mai da qui, non oggi”. Io ci credo. Ancora ci credo. Non so se è capitato anche a voi. A me è passata davanti gran parte della mia vita. I momenti in cui ho pensato non si potesse fare, quelli in cui mi sono detta ce la farò. I messaggi del mio personalissimo 3d continuavano ad arrivare, come nella migliore tradizione. Rossella mi scriveva “nun murì. Ce sierv viva”. Io che più viva di così non mi ero mai sentita.
È l’88esimo e Edinson fa il miracolo. Ce l’abbiamo. L’abbiamo in pugno. I tre punti, la vittoria, questo sole, l’adrenalina addosso, la vittoria. Espugniamo la Lazio dopo 24 anni. Un altro tabù abbattuto. Niente ansia nel recupero. Ormai lo so. Accarezzo ancora la borsa e la stringo forte a me. È finita. Adesso posso farlo. Apro la borsa e la tiro fuori. La sciarpa napolista. Sì, l’ho portata con me. Ho avuto il mariunciello in cuorpo per tutta la partita, ma non potevo dirle di no. Sono testarda, non mollo. La mia creatura doveva essere là. Gli unici a saperlo erano Trapani ed il povero Martire, che dice di non avermi mai vista così. E al Martire porgo la sua. La sciarpata napolista è qualcosa da mozzare il respiro e far esplodere l’anima. Peppe Napolitano si gira con la sua sciarpa e i napolisti si riconoscono. E, credetemi, è un momento di commozione assoluta. Quando mi giro verso la Tribuna Stampa e vedo Agata e Cappella guardarmi sorridenti, me e la mia sciarpa, mi vengono le lacrime agli occhi. Benny va via e, per la prima volta, ci bacia, me ed il Martire. Da oggi so che non si dimenticherà mai più di noi. Io ci sono. L’ho vista. Ho visto la storia. Questa roba qua che a cercare un nome per chiamarla non si trova una parola.
Se potessi, farei esplodere il mio cuore per raccontarvi di me, del sorriso da bambina che ancora ho dipinto in faccia, delle mani distrutte dalla bocca che tremano ancora, delle gambe a pezzi, della mia pancia, dei brividi. Mi piacerebbe che riusciste a vederli, toccarli, sentirli e sentire come sento io. Ma forse lo state già facendo, no? Perché ci credete anche voi. L’ha detto anche Admin, a fine partita. Dopo oggi non puoi non pensare a quella cosa lì, di cui non mi sentirete mai pronunciare il nome. Secondi da soli, 2 punti dall’Inter, 6 dall’Udinese e 8 dalla Lazio. Il Milan è 3 punti sopra. Ma strafalcioni capitano a tutti. Insomma, tutto è possibile, napolisti. E la sciarpa porta bene, è ufficiale. Siamo grandi. Uniti. Dei fenomeni. Ed io sono felice. Gioia pura. Istinto. Non si può dire di no ad una cosa così. Io dico per sempre sì. E Forza Napoli. Sempre.
Ilaria Puglia

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