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Dai ragazzi non mollate e non critichiamo a vanvera

In giornate come questa mi prende un sonno da reazione, di quelli che mi spingerebbero a rimanere sotto le coperte, al calduccio, nel dormiveglia, con le imposte abbassate a metà a sentire il vento che soffia e spazza via tutto, fuori. Tutto tranne l’apatia, il grigiore, i disfattismi, la sterilità, gli abbandoni che caratterizzano, ahimè, da sempre, questa dannatissima città. Questa settimana siamo stati stuprati più volte. Senza contare la disfatta spagnola, siamo stati violentati a Milano, poi in casa nostra, per la questione Rosetta e, ancora nel nostro Tempio, ieri pomeriggio.
E noi? Prima a piangere, poi a dire che faremmo meglio a ritirarci dalla competizione, che è tutto inutile, che la squadra è sotto tono, fa fatica fisicamente, è ridicola, che è finita. Ieri, in Tribuna Posillipo, una tipa dietro di me ha detto “vergogna”: non ha fatto altro che ripetere che l’Inter era una gran squadra perché stravinceva sul Genoa. Non c’era, in tutte quelle partite in cui al 94° abbiamo raggiunto il traguardo. Qualcuno che conosco ha detto che il Napoli fa addirittura ridere, ieri non c’era. Qualcun altro che senza Lavezzi non siamo niente, che non abbiamo anima, non siamo squadra: l’offesa più grande che possa essere rivolta a delle persone a cui dichiari amore eterno. Lo stadio aveva interi settori vacanti, ieri, proprio quando la squadra aveva più bisogno di noi. I fischi finali, poi, non ne parliamo proprio. Insomma, è da ieri che ci penso, che cerco di tirar fuori le parole giuste. Io, che ho sempre trovato un motivo per motivare – perdonatemi il gioco di parole – spiriti e cuori, prima di tutti i miei. È che proprio non trovo un motivo per cercare di agitare le coscienze di quanti la coscienza l’hanno messa in soffitta già da un po’. Di quanti restano là a guardare, a farsi stuprare quotidianamente, persino in quello che dovrebbe essere il passatempo domenicale di un popolo intero. Non ho mai amato De Laurentiis, ma l’obiettivo stagionale era questo e nessuno potrà dirgli che non l’ha raggiunto, almeno per ora. È che amo troppo questa città per abbandonare la presa, per decretare il fallimento totale, per gettare la spugna. Ma forse sono sola. Forse siamo Maurizio (de Giovanni) ed io ad aver voglia di ribellarci, di urlare, di protestare, di pulirci semplicemente la coscienza. Forse la città tutta merita esattamente quello che ha. Bè, peccato. Si sarebbe potuto fare di più. Si può sempre fare di più. Anche contro le difficoltà e le ingiustizie. Faranno bene quelli che si arrendono, non lo so, ma io proprio non ci sto. Io allo stadio ci vado e spero che quegli undici là (e la panchina, e la tribuna, e il massaggiatore, e Mazzarri e Bigon, persino DeLa) non mollino proprio adesso la voglia di lottare, di mandare a quel paese Milano e quell’imbecille con la cravatta gialla ed il cranio pelato. Napoli non ha nulla da recriminare, ha detto. Ho spento la tv. Avrei potuto distruggere il mio nuovo 46 pollici, ma mi serve per guardare Parma-Napoli. E Forza Napoli. Sempre. p.s. ieri la giornata è iniziata storta. Tralasciando inutili dettagli, all’ arrivo allo stadio ho trovato uno spiegamento di polizia mai visto prima. Ressa disumana al varco Tribune ed ai tornelli. Davanti a me diverse persone sono entrate a due alla volta. Gli steward zitti e muti. Quando sono passata, mi sono rifiutata di aprire la borsa: “sono entrate due persone insieme, davanti a me – ho detto – non apro proprio un kaiser di niente”. E ribellatevi tutti, almeno una volta, santo Dio…
di Ilaria Puglia

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