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Quando ho visto il Pocho
ho zittito mio marito

Me la stavo preparando da due giorni. Martedì mio marito è tornato a casa e io candidamente mi sono offerta di addormentare entrambi i bambini, così ieri, alle 20 in punto, gli ho passato le due patate bollenti. Lui è andato ed io ho posizionato le carte napoletane con il nove di bastoni in vista sulla tv, mi sono seduta sul divano con le patatine fritte ed il vino rosso ed ho aspettato paziente la fine dell’inguardabile Tg1. Pochi istanti prima di imbufalirmi contro mio marito che non aveva attaccato il digitale terrestre e disattivato Sky. Insomma, mi sono persa i primi 8 minuti della partita. Quando è tornato ci siamo quasi accapigliati: lui mi ha accusata di non avere ancora cucinato ed io di non avermi attivato la partita. Dopo tre minuti esatti eravamo incollati al televisore, giusto il tempo per saltare al centro del salotto per il fantastico gol di Cavani. Prima del fischio che lo annullava, ovvio. Si è capito subito che il gol andava bene e qui il primo vaffanculo al guardalinee: nel dubbio non si fischia, mai. È una regola del calcio. Un must. E vabbuò.
In affanno per tutti i novanta minuti, io. Dolori in petto, mal di stomaco, acido lattico nelle gambe, fibrillazioni acute, crampi ai polpacci a furia di stare inchiodata lì e non buttarmi in mezzo al salotto come una pazza. All’inizio del primo supplementare si sono svegliati tutti e due i bambini: vaffanculo all’inquilino del piano di sopra che ha fatto cadere chissà cosa sul pavimento facendo scoccare l’alba. Mio marito mi fa: “vai tu?”, lo guardo da sopra le lenti dicendogli in silenzio che non mi perderei i supplementari di Coppa Italia per nulla al mondo. Morale della storia, dopo tre minuti eravamo tutti e quattro sul divano. Il piccolo non aveva chiaro che erano gli azzurri a dover segnare e non i neroblu e vaffanculo alla tenera età, che stiamo cercando di educarvi, è questo il ringraziamento? Il grande, per fortuna, continuava a spiegargli che esultava per la parte avversaria. Mio marito ed io dicevamo loro di tacere. Quando si è andati ai rigori ed ho visto Lavezzi avvicinarsi alla palla, ho visto pure mio marito che si girava verso di me, allora “zitto!” gli ho detto. Ce lo sentivamo in due. Poteva capitare a chiunque, certo. Però vaffanculo alla mala sorte (Valeri lo avevamo sfanculato già a sufficienza).
Yebda mi ha gelato il sangue nelle vene: quando l’ho visto arrivare mi sono inginocchiata al centro della stanza. Si è avvicinato che sembrava Grosso alla finale dei Mondiali del 2006. Una pressione addosso che secondo me neppure possiamo immaginare. Ultimo rigorista e dopo un pallone volato alle stelle. Mi piace Yebda, e pure assai, ma non pensavo potesse fare una cosa così. Che nonchalance, neppure stesse facendo la spesa al supermercato! Che forza, che precisione, che stile. Che acquisto, santa pace! Vaffanculo a chi non ci ha mai creduto. Poi, è finita. Non ci siamo detti neppure una parola. Abbiamo preso i bambini e siamo andati a letto. Prima di addormentarmi ricordo di aver pensato un’unica cosa: che lezione, che gli abbiamo dato… gli abbiamo fatto vedere come si gioca a calcio. La faccia di Leonardo con la paura dipinta negli occhi vale bene una sconfitta. Non lo vinciamo lo scudetto, va bene, però i punti per stare lassù ce li siamo guadagnati proprio tutti, il palazzo non mi interessa, vuoi mettere il gusto? I punti li abbiamo tutti nei calzini. Dove sta il mio cuore, oggi. Vaffanculo a tutto il resto. Non vedo l’ora di tornare al San Paolo, domenica. E Forza Napoli. Sempre.
Ilaria Puglia

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