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Lecce, gol e pocket coffee

Era partita come una domenica no, ero arrabbiatissima, per cui, quando si è fatta l’ora di andare allo stadio ho pensato, come ogni domenica maledetta, “meno male che c’è il Napoli, meno male che c’è il San Paolo”. E so che ognuno di voi deve averlo pensato almeno una volta nella vita. Ci siamo incamminati sotto le prime gocce di pioggia, Marco, la nostra Vespa ed io: fortuna che il nostro settore, in Posillipo, è coperto e, a parte qualche goccia portata dal vento, non ci tocca nulla. Siamo soli, il gruppo ha dato forfait anche oggi, ma ci sono i consueti vicini di abbonamento al lato sinistro. Il primo tempo scorre lento, lentissimo e più volte penso che se l’avessi vista da casa, la partita, probabilmente mi sarei addormentata (complici i meravigliosi rigatoni alla genovese gustati con i bambini prima di partire da casa). Il Lecce è blindatissimo e noi non sembriamo entrati alla grande in partita. Cribari in area mi fa paura, Maggio oggi ha deciso che non gli va di giocare, Gargano non ne imbrocca una, Zuniga ha scelto il giorno migliore per ballare la macarena, Sosa è il giocatore più lento della storia del calcio Napoli, Grava c’è – e lo dimostrerà più tardi con un miracoloso salvataggio sulla linea –, De Sanctis sembra indeciso, proprio lui, che in genere esce sempre dalla porta alla minima avvisaglia è come se oggi avesse deciso di restare in casa.
Alla fine del primo tempo ho una fame boia. La genovese è bella che digerita, sarà l’adrenalina, sarà il pensiero che non possiamo andare alle vacanze di Natale a digiuno di gol, pensiero che già da solo fa venire fame. Il mio vicino di abbonamento tira fuori un Pocket Coffee e mi sembra di ritornare a vivere, mentre l’umidità inizia a farsi sentire, nonostante l’equipaggiamento da stadio. Il secondo tempo scorre più o meno come il primo, nonostante un paio di gol che ci mangiamo clamorosamente, una straordinaria parata del nostro Morgan e la prodezza di Grava, fin quando qualcuno, alle mie spalle, urla: forza, ragazzi, inizia ufficialmente la zona Mazzarri. Mi illumino, ci credo, ma tremo. Proprio non mi va che si finisca sullo zero a zero. Ci sta, certo, il Lecce blindato è una trappola, può finire così, ma il fatto è che non deve. Mi arriva il messaggio di Olga, del mio 3d portafortuna e penso che forse è un buon segno. A bordo campo danno cinque minuti di recupero. Eccoli, si svegliano, un attacco frontale, undici leoni, adesso sì che fanno sul serio, hanno realizzato che manca poco e che possono farcela. Bè, inutile che vi racconti come è andata a finire, no? Inutile dirvi che il gol dell’extraterrestre l’ho capito solo da casa, in televisione.
Allo stadio si è capito solo che era a circa venti metri e che a segnarlo era stato il nostro magico, meraviglioso evangelista uruguajo Edinson. Lo stadio, come al solito, se n’è caduto (espressione meravigliosa e assolutamente unica per indicare uno stato d’animo collettivo), io ho abbracciato Marco, che ha abbracciato me, entrambi siamo stati abbracciati dal nostro amico dei Pocket Coffee che, nell’impeto, ha dato un cazzotto nell’occhio sinistro di mio marito facendogli entrare la lente a contatto nel bianco dell’angolino. Quando siamo tornati ad essere delle persone e non degli invasati, avevo gli occhi lucidi, mi sono ritrovata piegata su me stessa con le mani in testa e poi, con le stesse mani tremanti, ho aiutato Marco a ricollocare la lentina nell’occhio. L’ultima immagine che ricordo è quella di un Mazzarri felice che entra in campo convinto che fosse finita, poi solo gioia. Il Napoli che regala gioia, che ci permette di affrontare un Natale più sereno, a meno tre dal Milan e sempre al secondo posto, a un passo dall’Olimpo (e senza la Juve affianco è decisamente meglio). Ecco, è andata così e così voglio ricordarla, questa partita. Permettetemi, però, di usare il web per fini personali e salutare il mio vicino di abbonamento Vincenzo, l’amico di quello dei Pocket Coffee. Oggi Vincenzo non c’era ed è stata la prima sua assenza in campionato. Chissà se mi legge, ma se lo sta facendo vorrei fargli i miei più affettuosi auguri di Natale. Vincè, ci sei mancato. Ci vediamo l’anno prossimo, però. Forza Napoli. Sempre.
di Ilaria Puglia

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