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Il dovere di dare un segnale

È davvero solo una questione di “pallone”? La disperazione di una città intorpidita di fronte all’ennesima emergenza rifiuti e l’intuizione di un appello affinché il Napoli giochi con il lutto al braccio forse diventano l’occasione per capire che cosa, realmente, possono esprimere il calcio in città e chi lo rappresenta.  La questione è molto semplice: se il calcio è una monade rispetto al corpo della comunità napoletana fanno bene il presidente e i suoi dirigenti a sorvolare e lasciare che della coscienza civica si occupi esclusivamente qualcun altro. Il punto, però, è che in più di un’occasione sono giunti indizi ben diversi.
Al di là della retorica presto smentita del “Napoli di calciatori napoletani”, vale la pena ricordare in tempi ben più recenti l’appello lanciato dal presidente a 100 imprenditori per investire nel recupero della città (intervista a Il Denaro del 30 ottobre 2010) e l’annunciato ingresso della Società sportiva calcio Napoli nella locale Unione industriali. Ma c’è di più se è vero che il neopresidente degli imprenditori cittadini, Paolo Graziano, ha delegato (o si appresta a farlo) a De Laurentiis il rilancio dell’immagine di Napoli in Italia e nel mondo ( la Repubblica Napoli , 23 novembre 2010).
Insomma, per non farla troppo lunga, forse se il calcio entra nella cosiddetta e tanto invocata “società civile”, se ne diventa addirittura esempio di eccellenza fino a rappresentarla all’estero, qualche timido e pur solo simbolico segnale di appartenenza alla comunità – che sia il lutto al braccio o una qualsiasi altra iniziativa – avrebbe il dovere (morale) di darlo. In fin dei conti, messa cosi’, sarebbe solo una prova di coerenza.
Carmine Bruno

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