Parola d’ordine
Napoli very strong

E’ scattata la parola d’ordine del presidente. Strong, very strong. Ad Anfield Road ci vuole un Napoli very strong. Diremmo, più napoletanamente, un Napoli vulcanico. ‘O Vesuvio dint’’e vvene. Ce la faranno i nostri piccoletti di centrocampo, gli artisti mohicani, il Matadaor, il Pocho dei dribbling a tric-trac? Se loro sono i Beatles, maggiore gloria […]

E’ scattata la parola d’ordine del presidente. Strong, very strong. Ad Anfield Road ci vuole un Napoli very strong. Diremmo, più napoletanamente, un Napoli vulcanico. ‘O Vesuvio dint’’e vvene. Ce la faranno i nostri piccoletti di centrocampo, gli artisti mohicani, il Matadaor, il Pocho dei dribbling a tric-trac?
Se loro sono i Beatles, maggiore gloria di Liverpool con i Reds, noi dovremo essere i Rolling Stones, pietre rotolanti, brutti, sporchi e cattivi. Lavezzi (Keith Richards) alla chitarra della fantasia. Hamsik (Mick Jagger) voce di tutta la squadra. Cavani (Charlie Watts) alla batteria del tiro. Coraggio.
Dopo la scoppola inflitta dal Tottenham all’Inter si è parlato di lezione d’inglese. E se noi andassimo a dare una lezione di napoletano a Roy Hodgson, questo londinese triste come un pareggio senza gol? Un tocco e via, tarantella e tammurriata. Non la cantata dei pastori, per non fare la fine dei pastori, impalati e sorpresi, ma nelle gambe e nel cuore le percussioni di Tullio De Piscopo, il pop di Edoardo Bennato, il blues di Pino Daniele e una gag di Totò. Coraggio.
Very strong? Strongissimi. Solo un Napoli spudorato può giocarsi questa partita. Aspettare dal Liverpool l’effetto che fa può essere deleterio. Come all’andata. Il Liverpool faceva girare la palla con grande padronanza e gli azzurri facevano le fusa. Le furie dovevano fare anziché mettere gli inglesi a loro agio per il pareggio ben programmato e abilmente condotto sino alla fine.
Tappi di cera nelle orecchie, come undici Ulisse, per non finire smarriti nel coro veemente e continuo di Anfield Road, il micidiale sonoro di “You’ll Never Walk Alone”, non camminate mai soli, e quelli non camminano, corrono. Occhi di tigre ci vogliono. Cuori di ghiaccio bollente. Non è una prova di maturità. Sarà l’inferno. Nei primi venti minuti osare o morire. Se quelli sventagliano il gioco all’inglese, perforazioni sulle fasce, cross radenti, catapulte d’attacco, come ha fatto il Tottenham con l’Inter, finiremo come i fujenti della Madonna dell’Arco, a piedi nudi e flagellati.
La stiamo caricando di troppa emozione. Ma è una occasione affascinante per un club che fino a quattro fa, risorta dalle ceneri del fallimento, era ancora in serie C. Si pretende una partita senza paure e sottomissione. Entrare all’Anfield Road, come in tutti gli stadi inglesi gonfi di cori e sulle ingannevoli peluche d’erba, dà brividi che possono far vacillare le gambe. E il Napoli è giovane, per la prima volta su una grande ribalta europea. Gli perdoneremo tutto, ma l’impegno dovrà essere allo spasimo. Le maglie alla fine devono grondare sudore.
Pare che, in vista di Liverpool-Chelsea di domenica in campionato, il poco allegro mister Hodgson farà ancora a meno dei più pregiati campioni, ma i Reds hanno un impianto di gioco collaudato che non ammetterà negli azzurri ritrosie e tentennamenti. Il Napoli sarà al completo delle sue “stelle”. Si gioca molto del suo orgoglio e della sua immagine. Ma dovrà osare, pungere, mettere ansia agli inglesi. Se loro saranno prudenti e compassati, come al “San Paolo”, potremo aprire qualche breccia. Se si avventeranno col tipico furore britannico, sparando palloni per tutto il campo, cosa che però non sembra alla portata del Liverpool in questo momento, non basterà stringere i denti e chiudere la porta di De Sanctis. Ci vorranno le ripartenze senza errori per placare la bufera, magari saltando il centrocampo dove non abbiamo palleggiatori finissimi e, sullo scontro fisico, abbiamo meno muscoli.
Liverpool-Napoli. Spegniamo la playstation e andiamo a godercela col cuore in gola. Avanti, along, along e very strong.

Mimmo Carratelli

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