Moratti cita Zeman
e io m’inchino al boemo

Vabbè, non c’entra col Napolista. Qualcuno si lamenterà: questo qui parla sempre di Inter. Ma oggi non posso esimermi. E poi che devo dire del Napoli? Che De Zerbi rientra dalla Romania e vuole giocare? Che ancora non riusciamo a capire le strategie della nostra società? E allora dirotto sul mio grande amore: Zdenek Zeman. […]

Vabbè, non c’entra col Napolista. Qualcuno si lamenterà: questo qui parla sempre di Inter. Ma oggi non posso esimermi. E poi che devo dire del Napoli? Che De Zerbi rientra dalla Romania e vuole giocare? Che ancora non riusciamo a capire le strategie della nostra società? E allora dirotto sul mio grande amore: Zdenek Zeman. Oggi Massimo Moratti ha parlato di lui. Nel corso della videochat con la Gazzetta dello sport, il presidente dell’Inter ha citato i possibili successori di Mourinho e, oltre a Capello, Spalletti e Scolari, ha citato anche il boemo: “è una dimostrazione di stima nei confronti dell’uomo e dell’allenatore, la pazzia sarebbe relativa e sarebbe quella di dare finalmente spazio a un personaggio di quel valore e di quello spessore”. Nulla da aggiungere. Poi so bene che non lo prenderà mai, ma la citazione è un gesto nobile nei confronti di chi è stato relegato ai margini del nostro calcio solo per aver detto in anticipo di dieci anni quel che tutti abbiamo finta di scoprire nelle aule di tribunale.
A me Zeman lo fece scoprire Antonio Giordano. Eravamo al Corriere del Mezzogiorno: lui inviato per il Napoli, io giovane cronista, molto cacacazzi e “malato” cronico. Giordano era folle del boemo, faceva schemi, ricordava le formazioni del Foggia, con gli occhi sognanti parlava del Licata. Dopo il famoso derby Roma-Lazio 3-3, volava: sembrò arrivare in redazione entrando dalla finestra. Un maniaco. Poi, un giorno, il miracolo: Zeman è del Napoli. La società scelse lui per il ritorno in serie A dopo la promozione conquistata da Novellino. Ricordo ancora la scena a Telecapri sport del boemo all’arrivo a Capodichino che rispondeva a monosillabi alle domande dei giornalisti.
Giordano impazzì. Il Mattino molto meno: il boemo a via Chiatamone proprio non piaceva. Chiese un giovane del Vicenza, tal Luca Toni, ma Ferlaino – che aveva il Napoli al 50% con Corbelli – disse di no. Voleva Marazzina, che poi col Chievo disputò un’annata super, e gli risero in faccia. La squadra la fece Moggi. Amoruso, Moriero, Fresi, il turco Husain e Sesa, i due pacchi più grossi degli ultimi tempi. Lui portò Quiroga, Vidigal, Jankulovski, e forse Saber.
Prima partita di campionato. Napoli-Juventus, di sabato sera. Gli anti-zemaniani non saranno d’accordo, ma per ricordare un primo tempo così bisogna tornare a Napoli-Real Madrid. Gli azzurri dominano, segnano con Stellone e sfiorano più volte il 2-0. L’arbitro, tal Collina da Viareggio, sorvola su un paio di episodi dubbi in area di rigore. Nella ripresa il calo, e perdiamo 2-1 con gol decisivo di Del Piero. In città nessuno si lamenta, neppure i più feroci detrattori del boemo. Eppure sul Mattino del lunedì grande intervista a Ferlaino: “Il bel gioco non mi basta, io voglio vincere”. Manco fosse il presidente del Real Madrid.
 Alla seconda di campionato è un disastro. 3-0 secco a Milano contro l’Inter di Tardelli. La domenica successiva giochiamo in casa contro il Bologna. E’ la mia ultima visita alla curva B. Un disastro, perdiamo 5-1 con papere clamorose di Coppola e Baldini. Ma io vedo sovrapposizioni, triangoli, cose che non ricordavo da una vita. Però me ne sto zitto. So già che il boemo durerà poco. Ma durante la settimana vado lo stesso con Giordano a seguire gli allenamenti. Io e lui soli sulle gradinate del centro Paradiso.
Alla quarta si va a Lecce, facciamo 1-1. Andiamo in vantaggio con Fresi su rigore e il boemo arretra addirittura il libero ripudiando il suo credo. Non basta, loro pareggiano su punizione. Quindi la partita in casa col Vicenza. Perdiamo di nuovo: 1-2, con un gol del cazzo di Sommese. Non basta una rete straordinaria di Jankulovski. Il secondo tempo è disastroso. In tribuna molti sorridono. E arriva Perugia. Ovviamente andiamo in trasferta: io, Antonio Sacco e Massimo Luongo. Giordano ci aspetta là. Se dobbiamo morire, vogliamo farlo col boemo. Gran brutta partita, ma andiamo in vantaggio con Amoruso e reggiamo fino a dieci minuti dal termine: fallo ingenuo di Di Vicino e rigore per loro. Segna Materazzi. Vabbè, diciamo noi, comunque l’abbiamo sfangata. Non sapevamo che di lì a poco qualcuno della società avrebbe mandato in tv Palummella – all’epoca capo degli ultrà – a chiedere la testa dell’allenatore. Che venne licenziato in diretta tv da Corbelli alla Domenica sportiva.
Me li ricordo in redazione e per strada quei ghigni soddisfatti il lunedì mattina. Ci derisero, noi e il nostro 4-3-3. Arrivò Mondonico, il vate del pane e salame. Ci portò dritti in serie B. E ci rimanemmo a lungo.
Massimiliano Gallo

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