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Pironti: «Pubblicai io il libro di Beha su Italia-Camerun dopo il rifiuto di Feltrinelli. Ricordo il suo entusiasmo»

La famosa inchiesta condotta con Chiodi. L’editore napoletano: «In presenza del diritto di cronaca, l’editore ha l’obbligo di far conoscere i fatti al lettore».

Pironti: «Pubblicai io il libro di Beha su Italia-Camerun dopo il rifiuto di Feltrinelli. Ricordo il suo entusiasmo»

Mundial Gate

Si è portato con sé le inquietitudini e la sua ansia di vederci sempre chiaro anche quando era buio profondo, ma ci ha lasciato molto del suo lavoro, anche degli errori e dalla voglia di strafare che lo hanno scandito. Un giornalista come Oliviero Beha oggi è difficile da immaginare, ma trentatré anni fa, quando l’editore Tullio Pironti decise di stampare “Mundial Gate” il libro inchiesta scritto a quattro mani con Roberto Chiodi grande esperto di cronaca giudiziaria, il suo scoop bucò l’audience e fece tremare le fragili e spesso bacate strutture dell’impalcatura calcistico.

La presunta combine

Era questo il suo obiettivo e Oliviero si ritenne appagato anche se la reazione del “Palazzo” fu impetuosa e gli costò perfino il posto al giornale (la Repubblica). «Poco importa, morto un papa se ne fa un altro», mi disse in uno studio di registrazione napoletano della Rai, «l’importante è che il nostro impegno è stato riconosciuto anche se rischia di affogare in un mare di critiche». Il libro inchiesta – i più giovani non lo ricorderanno – denunciava un presunto “biscotto” tra l’Italia e il Camerun del grande portiere Thomas N’Kono e del Maradona nero Roger Milla, due dei tre professionisti di una squadra che fece tremare gli azzurri per l’accesso alla fase finale del mondiale della gloria (Spagna, 1982).

La partita finì 1-1 e il gol italiano venne siglato da Ciccio Graziani con N’Kono, portiere felino, fuori causa dopo una scivolata “solitaria” che fece molto discutere. Pochi minuti dopo, il pareggio camerunense venne siglato da tal ’Mbida, ma l’1-1 bastava all’Italia e questo importava. All’Italia di Bearzot, certamente, che trovò la spinta per la straordinaria volata iridata.

La copertina di Mundial Gate

Feltrinelli ne tirò 15mila copie, poi misteriosamente rinunciò

Beha e Chiodi ricostruirono puntigliosamente la vicenda partendo da lontano e da una inchiesta realizzata in Camerun. Lo scoop venne lanciato dal settimanale “Epoca”. La bozza del libro impressionò favorevolmente l’editore anche se non conteneva rivelazioni clamorose o almeno tali da rendere solido e inattaccabile l’impianto accusatorio. C’era sì profumo di scandalo. Feltrinelli approvò il manoscritto e ne tirò una edizione di 15mila copie che però non furono mai messe in vendita nonostante fossero molto attese e lasciassero intuire un buon “affare”.

Come considerare la reazione, non attesa, del grande editore: mancanza di coraggio editoriale? Odore di scandalo? O, chissà, altro. Certo è che la questione non venne mai sufficientemente risolta e i due autori restarono con un palmo di naso o, se piace di più, “cornuti e mazziati”. Si aspettavano un grande dibattito sulla degenerazione del “professionismo” calcistico, ma restarono delusi perché le risposte furono complessivamente sotto tono.

Pironti, invece, disse sì

La storia è questa – ridotta all’essenziale – ma non finisce qui. Perso un editore, Beha e Chiodi ne trovarono un altro, autorevole come il primo ma, ripercorrendo la sua storia, più capace di fiutare un colpo. «Decisi prima di pubblicare e dopo lessi il libro che confermò che si trattava della scelta giusta», ricorda Tullio Pironti fresco ottantenne che nella sua storia di piccolo grande editore ha dato alle stampe pubblicazioni come The Vatican Connection, Il Camorrista (Cutolo intervistato da Joe Marrazzo), In nome di Dio e Faccia da turco.

«Ricordo l’entusiasmo di Beha»

Cosa ti colpì del lavoro di Beha e Chiodi? «Il grande impegno professionale, una meticolosità al limite dell’ossessione e, più ancora, l’assenza di pregiudizi. Lo scrissi anche in una breve nota e ripeto quelle parole: in presenza del diritto di cronaca, manifestazione essenziale della libertà di pensiero e di stampa, l’editore ha l’obbligo di portare a conoscenza dei lettori i fatti e le notizie contenuti nella narrazione». Ergo: «Lo rifarei ancora anche per premiare l’umiltà e, insieme, il grande entusiasmo per il lavoro che Oliviero dimostrò in quella circostanza». E questo spiega anche l’appello contenuto nella fascetta che accompagnava il libro (ormai introvabile): «Il caso Camerun: L’Italia ha detto “no” a questo libro appena se n’è cominciato a parlare. Non sarebbe il caso di leggerlo»? Non ci è dato di conoscere il numero delle copie vendute ma l’appello, crediamo, non venne raccolto.

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