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La malinconia di Zidane, il fuoriclasse che non sapeva come dire addio al calcio

La malinconia di Zidane, il fuoriclasse che non sapeva come dire addio al calcio

                                                                                                                                        per Luigi

Nel raccontare questo piccolo capolavoro di Jean Philippe Toussaint mantengo una promessa. Un paio di anni fa ne parlai col mio amico Luigi Bernardi, ricordo, un paio di sere al telefono. Discutemmo dell’importanza della malinconia e del gesto che il campione compie per non compierne un altro, più grave, quello dell’addio. Gli promisi quella sera di parlare di quel libro di poche, meravigliose, pagine. Oggi, che Luigi se ne è andato contro la sua volontà, ma a testa alta, come giocava Zidane, mantengo la promessa.
Toussaint è uno dei più bravi scrittori in lingua francese ed è appassionato di calcio. Il suo è il racconto sublime, condensato in pochi istanti, della finale mondiale del 2006.
“Zidane guardava il cielo di Berlino senza pensare a nulla, un cielo bianco sfumato di nuvole grigie dai riflessi azzurri, uno di quei cieli di vento immensi e mutevoli della pittura fiamminga, Zidane guardava il cielo di Berlino sopra lo stadio olimpico la sera del 9 luglio 2006, e provava con un’intensità straziante il sentimento di essere là, semplicemente là, dentro lo stadio olimpico di Berlino, in quel preciso momento del tempo, la sera della finale della Coppa del mondo di calcio.”
Cosa ci racconta Toussaint? Ci racconta, in maniera dolcissima, colta, romantica, il gesto che Zidane non può compiere: quello di smettere di giocare. Zidane non può, non sa, come dire addio. In quella sera berlinese dove il destino scriverà una pagina di storia del calcio, una pagina che non lo vedrà sollevare la coppa, lui metterà in scena qualche piccolo saluto: il rigore (un cucchiaio indolente) del primo tempo, e il colpo di testa sventato dalla splendida parata di Buffon (doppia bellezza). Questi sono i saluti di Zidane, che secondo lo scrittore, preda della malinconia, della già presente nostalgia, mostra – a occhi attenti – segni di insofferenza, come quella fascia di capitano che continua a scivolare, le occhiate ai compagni, già insopportabili.
Toussaint scrive che il vero gesto (l’addio) di Zidane avverrà più tardi e sarà un gesto cupo che farà dimenticare la partita, i calci di rigore e il vincitore, lo scrive da francese, naturalmente. Il gesto di Zidane resta, ed è il gesto che allo stadio nessuno vede e che se nessuno ha visto non è accaduto. Toussaint racconta la ripresa dell’azione, i giocatori italiani che ripartono all’attacco, poi un fischio e Buffon che prende la testa di Zidane tra le mani, che lo consola affettuosamente. Quando ho letto questo libro ho pensato che Buffon avesse, forse inconsciamente, compreso la malinconia di Zidane. L’arbitro, poi, tira fuori il cartellino. Cartellino che per Touissant è nero. Il cartellino nero della malinconia.
Il calcio è fatto di tanti momenti memorabili, per noi italiani quella è la sera della Coppa, eppure l’uscita di scena di Zidane, che si dirige verso lo spogliatoio, sfilando accanto alla Coppa, nessun regista avrebbe saputo inventarla così perfetta. Interessante, poi, che il gesto non visto e quindi, metaforicamente, non accaduto, escluda la presenza di Materazzi, che nel racconto non compare. Quello che conta è la malinconia di Zidane, la sua struggente uscita di scena. Questo gioiello narrativo conta poco più di venti pagine di bellezza suprema. Se amiamo il calcio è perché, tra le altre cose, sappiamo riconoscere quella malinconia. Zidane non riesce a dire addio, se ne va rinunciando all’ultimo applauso, che, così come il gesto non compiuto, non poteva scoccare.
Gianni Montieri

Jean Philippe Toussaint – La malinconia di Zidane – ed. Casagrande, 2007 – trad. di Roberto Ferrucci

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