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L’abusivismo non c’entra con i crolli di Ischia, c’entra l’Italia immobile

Sono tante le costruzioni abusive sull’isola. Ma non hanno provocato vittime. Il punto è che manca una classificazione degli edifici e l’idea di abbattere e ricoostruirne di nuovi

L’abusivismo non c’entra con i crolli di Ischia, c’entra l’Italia immobile
Una delle abitazioni gravemente danneggiate dal terremoto a Ischia

L’abusivismo c’è, ma non ha provocato i morti

Ad Ischia ci sono le case abusive. Sono centinaia, forse migliaia. Sono presenti in tutti i comuni dell’isola, così come ci sono a Procida, a Napoli, in tutta la Campania ed in tutta Italia.

Non lo scopriamo oggi. Berlusconi ci ha vinto le elezioni con il condono edilizio ed i 5 stelle si apprestano a fare altrettanto.
Ma le due vittime del terremoto che l’altra notte ha colpito Ischia con l’abusivismo non c’entrano nulla.
La prima vittima, una donna di 59 anni, è rimasta schiacciata dal cornicione di una chiesa. La chiesa in questione era stata già distrutta dal citatissimo (ci torneremo) terremoto del 1883 ed è stata successivamente riedificata. La seconda vittima, una donna di 65 anni in vacanza sull’isola, è morta a causa del crollo della casa dove si trovava, in località Maio, nel comune di Casamicciola.

Le dichiarazioni

Il Sindaco di Casamicciola, Vincenzo Castagna, intervistato da RaiNews, ha dichiarato ufficialmente che la costruzione crollata non era abusiva.
Il capo della Protezione Civile, Angelo Borrelli, durante la conferenza stampa tenuta sempre a Casamicciola, interrogato sulle cause degli ingenti danni che ha provocato un terremoto di bassa intensità come quello che ha colpito Ischia, ha risposto: “C’è un discorso di specificità dell’isola d’Ischia che è in area vulcanica. Quello che però ho potuto vedere oggi è che molte costruzioni sono realizzate con materiali scadenti che non corrispondono alla normativa vigente, per questo alcuni palazzi sono crollati o rimasti danneggiati“. Nessun accenno all’abusivismo, ma la constatazione che le costruzioni crollate o danneggiate non corrispondono alla normativa vigente. Nel caso di costruzioni di vecchia data, questo è addirittura ovvio.
Il Presidente della Regione Vincenzo De Luca, in una breve intervista riportata dall’Ansa, ha dichiarato “È crollata un’abitazione vecchia e sono crollati dei cornicioni di un immobile costruito nel secolo scorso. Nessuna connessione tra questi fatti e l’abusivismo“.
Dunque, allo stato, per quanto sia stato possibile ricostruire dalla lettura delle agenzie, da quanto riportato dai media locali e nazionali e da quanto dichiarato dai rappresentanti delle istituzioni, non c’è nessun nesso tra i crolli, le vittime e l’abusivismo edilizio. Tra gli edifici dichiarati inagibili, apprendiamo da Teleischia, ci sono anche due scuole primarie, la Manzoni e la Lembo, che si trovano nelle zone più colpite. Dubitiamo che fossero abusive.

Il ricordo della manifestazione del 2010 contro gli abbattimenti

Eppure da due giorni leggiamo ovunque e sentiamo parlare solo ed esclusivamente di abusivismo. Non c’è voluto molto a ritrovare negli archivi la cronaca della indegna manifestazione del 2010 contro l’abbattimento delle case abusive, un po’ di più per riesumare il terremoto che colpì Casamicciola nel 1883, passato alle cronache perché vi persero la vita i familiari di Benedetto Croce.

La tempesta perfetta, dunque, per scaricare sugli ischitani la colpa dei crolli. Vivono in una zona sismica, già precedentemente colpita da un forte sisma (sono passati 130 anni circa… ma vabbè), hanno un numero incredibile di costruzioni abusive e di richieste di condono e nel 2010 hanno addirittura manifestato contro gli abbattimenti. In sottofondo, mentre si leggono le decine e decine di editoriali (dei social network non parlo nemmeno per carità di Patria), sembra quasi di sentire che una volta tanto il terremoto ha colpito proprio là dove doveva.
Però esistono i fatti e i fatti ci dicono che anche se a Casamicciola non ci fosse nemmeno una veranda abusiva, le due donne sarebbero morte ugualmente.

In Italia manca una classificazione degli edifici

C’è un tema, invece, che non si affronta e che, guarda caso, è stato portato alla ribalta dal ministro Delrio qualche mese fa. In una intervista a Repubblica il ministro dichiarò che “In Italia manca una classificazione ufficiale degli edifici” e si è soffermato a lungo sulla incredibile percentuale di costruzioni a rischio presenti in tutto il Paese. “10 milioni di abitazioni nelle zone sismiche 1 e 2” ha ribadito ieri. Aggiungiamo che le prime prescrizioni nazionali per le misure antisismiche da adottare nelle nuove costruzioni risalgono appena al 1975. Solo recentemente il Governo ha approvato il cosiddetto sismabonus, che permette ai proprietari che mettono in sicurezza gli immobili di vedersi rimborsare dallo Stato fino all’85% della spesa in 5 anni.

Già, i proprietari. In Italia, lo sappiamo, sono più del 70% le famiglie proprietarie della casa in cui vivono. E sono proprio le associazioni dei proprietari ad opporsi strenuamente, da più di 20 anni, all’introduzione del libretto del fabbricato, che consentirebbe il censimento delle abitazioni esistenti e sarebbe propedeutico all’introduzione di interventi obbligatori.

In Italia è pensabile abbattere e poi ricostruire?

Nella gran parte dei casi, oltretutto, la messa in sicurezza, stimano gli esperti, sarebbe gravosissima. Spesso converrebbe abbattere e ricostruire. Ma abbattere, in Italia, si può? Il nostro Paese è in grado di entrare nell’ordine di idee che gli edifici non di pregio delle nostre città, dei nostri piccoli comuni vengano rasi al suolo e poi ricostruiti? Nella patria dei No-Tutto, in cui ogni opera è vista come una minaccia e le minacce vere, come i terremoti, vengono vissute con rassegnazione, siamo pronti ad una campagna di questo tipo? Ultimo, ma non ultimo, chi si dovrebbe accollare i costi di questi interventi? Chiunque di noi abbia partecipato anche ad una sola riunione di condominio avente ad oggetto interventi di piccolo cabotaggio riesce ad immaginare di abbattere e ricostruire il proprio palazzo?

Le barricate dell’intellighenzia per i Quartieri Spagnoli

Io che vivo a Napoli, in 42 anni di vita credo di aver visto andare giù, tra mille difficoltà e non per ragioni di sicurezza statica, solo alcune delle Vele di Secondigliano. Ricordo che quando si pose il tema di abbattere una parte dei quartieri spagnoli, l’intellighenzia della città si riunì nelle Assise di Palazzo Marigliano per difendere l’intangibilità del centro storico di Napoli.

Quello che è successo ad Ischia, dunque, c’entra pochissimo con l’abusivismo edilizio (che è un problema che la politica ha dimostrato di non saper affrontare, in nessuna parte d’Italia) e moltissimo con un Paese fermo, immobile, incapace di ripensarsi e completamente restio alla sola idea di abbattere i propri edifici.

Piuttosto che sollevare questo tema, i media nazionali hanno preferito aprire la caccia all’ischitano abusivo. Ma possiamo stare tranquilli, si tratta di una caccia che durerà pochissimo, il tempo di indire nuove elezioni.
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