Conte chiagne e fotte o è vero che il Napoli non è al livello di Juventus, Milan e Inter?

Il Napoli ha lanciato un'opa sul calcio italiano ma uno storico ci direbbe di non confondere la cronaca con la storia. I sorpassi nella gerarchia del pallone (e non solo) sono processi di lungo periodo

Conte

Dc Napoli 05/10/2025 - campionato di calcio serie A / Napoli-Genoa / foto Domenico Cippitelli/Image Sport nella foto: Antonio Conte

Conte chiagne e fotte o è vero che il Napoli non è al livello di Juventus, Milan e Inter?

Anche se il diretto interessato non è d’accordo, Antonio Conte appartiene certamente alla (corposa) fascia di allenatori che incarnano perfettamente una delle frasi più identitarie della città di Napoli: “chiagne e fotte”. Modo dire che ben fotografa quelli che si lamentano sempre salvo poi raggiungere sempre i loro obiettivi e migliorare le proprie situazioni. Nel calcio, va detto, sono quasi tutti così. Si contano sulle dita di una mano i tecnici non lamentosi.

Ieri Antonio – a domanda sul tema – è tornato su un concetto a lui caro, e cioè che il Napoli, per quanto stia migliorando e abbia avviato un progetto robusto e ambizioso, resta distante dai tre club che storicamente hanno dominato in Italia: la Juventus e le due milanesi.

Le parole sono queste: «È un percorso appena iniziato, a livello di struttura non siamo pronti. per tanti motivi. Oggi Juventus, Milan e Inter, per struttura, per seconde squadre, per valore patrimoniale sono diverse da tutti. Non puoi mettere le testa sotto la sabbia e pensare che le differenze non esistano, poi ti metti sotto e con il lavoro cerchi di colmare le distanze».

Al Nord, soprattutto, sono saltati dalla sedia. Ma anche a Napoli più di qualcuno si è risentito. E in effetti se ci fermiamo all’analisi del contemporaneo, la frase sembra distante dalla realtà. Potremmo cominciare dallo stipendio degli allenatori. Né Chivu né Spalletti né Allegri si avvicinano allo stipendio napoletano di Antonio che tra bonus, premi, aumenti post-scudetto, arriva a sfiorare i nove milioni netti. È l’allenatore più pagato d’Italia.

Continuiamo ricordando che – pur in presenza di una sua perenne smentita – la scorsa primavera Conte ha seriamente pensato di tornare alla Juventus. Rendendosi poi conto che la solidità del progetto napoletano era di un altro dimensione rispetto alla farraginosità di quello sabaudo. La tradizione e il blasone non sono voci di bilancio.

Potremmo proseguire sottolineando che il Napoli ha vinto a Cremona con doppietta di Hojlund e che Hojlund è arrivato a Napoli in quattro e quattr’otto, come se si trattasse di un acquisto di pochi spiccioli e non di un investimento da cinquanta milioni di euro (più l’ingaggio). Acquisto cotto e mangiato per sopperire all’infortunio di Lukaku. Altri club, su tutti il Milan, stavano inseguendo il danese con pagherò e richieste varie di diluizioni di pagamento. È arrivato Paperone Aurelio e ha messo la grana sul tavolo. E Hojlund si è vestito d’azzurro.

Per non parlare degli altri soldi investiti quest’estate. Probabilmente male, se pensiamo adesso a Beukema, Lang, Lucca, ma comunque il Napoli i soldi li ha spesi. Tanti soldi.

Al momento – nonostante il blocco del mercato dovuto al costo del lavoro allargato – il Napoli è certamente la squadra più liquida d’Italia, quella che può contare su una riserva di cash che gli altri club possono solo sognare.

Attenzione, però, Conte non ha parlato di liquidità. Ha parlato di struttura, di seconde squadre e soprattutto di valore patrimoniale. E qui è arduo dargli torto. Il Napoli è un’azienda agile (e a nostro avviso è una delle sue forze) che al tempo stesso è un vantaggio e uno svantaggio. È un vantaggio perché il Napoli è un acquedotto che ha pochissime perdite. Tutto è collegato al grande capo. Il vertice è uno e soltanto, è pressoché impossibile nel Napoli che si creino dissidi tra dirigenti (in genere figure che non appaiono). È uno svantaggio, in prospettiva, perché chiaramente il Napoli è un club legato in tutto e per tutto ad Aurelio De Laurentiis.

È vero che il valore patrimoniale nemmeno si avvicina a quello di Milan, Inter e Juventus. È il grande sogno di De Laurentiis ma siamo su grandezze sideralmente lontane. Per numero di tifosi in Italia e all’estero, per conoscenza all’estero, per storia, tradizione, blasone nonché per ricchezza immobiliare. La Juventus possiede stadio e centro sportivo. Milan e Inter hanno centri sportivi attrezzati, hanno avviato l’iter per avere lo stadio. Il Napoli, come sappiamo, è in alto mare su tutto.

Non è un caso se al recente Mondiale per club le due italiane che hanno rappresentato il Paese sono state Inter e Juventus. Sì, è vero, Napoli è nota in tutto il mondo ma ancora oggi calcisticamente l’ambasciatore numero uno resta Diego Armando Maradona.

Si tratta di processi lunghi. Il Napoli è certamente cresciuto tanto. È come se avesse lanciato un’opa sul calcio italiano. Ma non è una rivoluzione che puoi compiere dalla sera alla mattina. Se guardiamo ai risultati e anche alla solidità economico-finanziaria, il Napoli sta vivendo una fase particolarmente felice. Ma si tratta di processi lunghi, molto lunghi, per poter definirli stabili. Oggi probabilmente il Napoli è il club più attrezzato d’Italia ma resta ancora una contingenza. Basti pensare anche ai risultati europei. Sono processi che vanno valutati nel lungo, lunghissimo, periodo.

Quindi, a nostro avviso, è certamente vero che Conte chiagne e fotte (come quasi tutti) ma non ha torto. È vero che in questo particolare momento storico il Napoli è probabilmente il club più solide e ricco d’Italia ma non può essere paragonato alla altre tre. E abbiamo evitato di parlare della abitudine a competere. Della maturità dell’ambiente. Della capacità di assorbire le delusioni. Di dar voce e corpo all’autolesionismo più sfrenato. Della incapacità di fare fronte comune, eccetera eccetera. Ci vorrebbe un’enciclopedia.

Uno storico del calcio, così come un economista del football, darebbe senz’altro ragione all’allenatore del Napoli. Lo storico ci direbbe che non va mai confusa la cronaca con la storia.

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