I figli di Pietrangeli: «Sinner? Se ha scritto un telegramma, non è ancora arrivato. Papà si divertiva a battibeccare con Panatta»

Interviste a Gazzetta, Corsera e Repubblica: «Papà avrebbe detto a Tiger Woods quel che disse a Rivera: sei fortunato che io non abbia giocato a calcio, sennò...». Il dolore per la morte del figlio

Pietrangeli

(FILES) Former Italian tennis player Nicola Pietrangeli poses at the ATP Rome Open tennis tournament at Foro Italico in Rome on May 11, 2022. Two-time Roland-Garros champion in 1959 and 1960, Nicola Pietrangeli, who passed away on December 1, 2025 at the age of 92, was the emblem of Italian tennis long before the emergence of Janik Sinner and one of the best clay court specialists of his generation. (Photo by Andreas SOLARO / AFP)

I figli di Pietrangeli: «Sinner? Se ha scritto un telegramma, non è ancora arrivato. Papà si divertiva a battibeccare con Panatta»

Nicola Pietrangeli aveva tre figli: Filippo, Marco e Giorgio scomparso prematuramente a 59 anni per cancro.

Filippo Pietrangeli, figlio di Nicola, ha concesso un’intervista a Repubblica, a firma Cosimo Cito:

Che padre è stato?
«Molto ingombrante, ma nel senso buono della parola. Assente fisicamente, a lungo, ma presente a suo modo con Marco, Giorgio e me, i suoi tre figli».

Si è fantasticato sul suo “rosicare” nei confronti di Jannik Sinner: qual è la verità?
«Non era assolutamente invidioso. Affermava una sua verità. “Io ho vinto questo, questo e quest’altro. Quando Jannik vincerà questo, questo, questo e quest’altro, lui sarà il numero uno e io sarò il numero due”. Ma non voleva assolutamente che fosse una gara tra loro. Ha stimato Jannik, gli ha detto quello che gli doveva dire nel momento in cui per lui è stato opportuno dirglielo. E non si è mai nascosto».

Sinner vi ha mandato un messaggio in questi giorni?
«Se ha scritto un telegramma, non è ancora arrivato. Mi hanno chiamato in tantissimi, potrei aver perso la telefonata, non ho il suo numero».

I messaggi che le hanno più fatto piacere?
«Quello di Nadal. E quello del presidente Mattarella. Giorgia Meloni ha usato belle parole».

Qual era la vittoria alla quale era più legato?
«Il successo su Laver nella finale degli Internazionali d’Italia, giocati a Torino, nel 1961. Ha messo tutti i suoi trofei in salone. Sono tanti». 

Filippo Pietrangeli è stato intervistato anche dalla Gazzetta che gli ha posto la stessa domanda:

In questi giorni il mondo del tennis sta rendendo tutti gli onori pubblici a un’icona di questo sport. Nessun post sui social da parte di Jannik Sinner, l’idolo dei nostri tempi. Dispiaciuto?
«Preferirei non rispondere».

«Adriano era molto presente a casa nostra. Il rapporto con mio padre fu subito improntato su continue gag, sin dal primo giorno che si conobbero. Ed è stato così fino alla fine. Battibeccarsi amichevolmente piaceva a entrambi: era un gioco».

Come ha vissuto la vicenda della finale di Coppa Davis del 1976? Le proteste in Italia, le pressioni politiche per non giocare in Cile durante la dittatura di Pinochet e la determinazione di suo padre a portare comunque la squadra laggiù?

«Io ero un adolescente: in famiglia fu un periodo abbastanza forte, avvertimmo anche noi che il clima non era affatto disteso. Con i miei fratelli notavamo sempre una volante della polizia o dei carabinieri parcheggiata sotto casa, 24 ore su 24. Qualche anno dopo, mio padre parlò di minacce ricevute in quelle settimane».

Marco Pietrangeli, l’altro figlio di Nicola, ha rilasciato un’intervista al Corriere della Sera a firma Gaia Piccardi.

Marco Pietrangeli è il primogenito di Nicola, scomparle lunedì mattina a 92 anni, e di Susanna Artero, l’unica moglie che il campione abbia avuto. Ha gli stessi occhi del padre, e una bella barba bianca sotto la quale nascondere il senso di vuoto lasciato da un gigante del nostro sport. I ricordi sono vivi, lo saranno per sempre.

Sul green era forte come con la racchetta?
«Era discreto, in quanto autodidatta. Ma non ho dubbi che a Tiger Woods avrebbe avuto il coraggio di dire qualcosa di simile a ciò che disse a Rivera: sei fortunato che io non abbia giocato a calcio, sennò…».

A proposito di nuove generazioni: le spiace che tra Nicola e Jannik Sinner non sia mai scattata la scintilla?
«Non conosco Sinner, non so cosa pensi di mio padre. Ma il ragazzo è sveglio e intelligente, avrà fatto le sue valutazioni. Ognuno vive il lutto a modo suo».

Se n’è andato come voleva?
«Due domeniche fa aveva visto l’italia vincere la Coppa Davis per la terza volta consecutiva: non era più la sua Davis, ma si era commosso. Gli ultimi giorni sono stati complicati: era sempre lucido, ci vedeva benissimo, non è vero che aveva perso la vista. Fino a sabato ha avuto visite a casa, domenica c’è stato un peggioramento. Si è stufato, credo. Diceva: sono stanco di essere stanco. E c’è molto di Nicola Pietrangeli in questa frase».

Il dolore più grande è stato la scomparsa di Giorgio, suo fratello, lo scorso luglio?
«La morte di un figlio è un lutto da cui non ci si riprende più. Quando gli abbiamo dato la notizia, papà era ricoverato al Gemelli, qui a Roma. Disse: Giorgio ha smesso di soffrire, finalmente. Poi non ne ha quasi più parlato».

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