Il calcio a pagamento funziona? A giudicare dai bilanci Dazn e Sky Italia, non tanto

Dazn in rosso di quasi un miliardo, Sky Italia di 250 milioni. Forse l'obiettivo non sono gli abbonamenti. Il betting per Dazn, Internet e telefonia per Sky

Dazn e Sky siti pirata calcio

foto Daniele Buffa/Image Sport

Il calcio a pagamento funziona? A giudicare dai bilanci Dazn e Sky Italia, non tanto

Bassi ascolti, telecronache spesso troppo urlate e conti in rosso: da qualunque angolazione lo si guardi, il calcio nelle tv a pagamento non funziona. E allora la curiosità è ovvia: quanto tempo dovrà ancora passare prima che i presidenti di serie A si rendano conto che il modello da perseguire è quello del calcio in chiaro?

Avendo analizzato il tema degli ascolti in un precedente articolo – a proposito, Juventus-Milan dell’ultimo turno di campionato ha fatto registrare il record di questo inizio di stagione su Dazn con 1.916.092 teleutenti, cioè oltre mezzo milione in meno dei 2.478.000 che il 17 agosto hanno assistito in chiaro su Canale 5 a Milan-Bari di Coppa Italia – e stendendo un piumone pietoso – un velo non basterebbe, come ben sanno gli abbonati – sulla qualità del segnale, concentriamoci sui conti dei due attuali padroni del calcio nella tv di casa nostra, Dazn per la serie A e Sky per le coppe europee, con una importante premessa: né Sky, né Dazn presentano numeri specifici riguardanti il calcio, cionondimeno possiamo farci un’idea della situazione.

Ebbene, l’ultimo bilancio approvato, quello al 31 dicembre 2024, parla ancora di un rosso non trascurabile: 961,5 milioni di dollari per il gruppo Dazn, che opera in larga parte del mondo, e 257,9 milioni di euro per Sky Italia. A voler essere di un ottimismo sfrenato, occorre rilevare che si tratta per entrambi delle perdite minori degli ultimi cinque anni: perdite complessive che in questo lustro sono ammontate rispettivamente a 7,3 miliardi di dollari e a 2,96 miliardi di euro. Solo un buontempone penserebbe che una simile mole non sia stata generata anche dal calcio di casa nostra.

DAZN: CHIAREZZA? RITENTA, SARAI PIU’ FORTUNATO
Il 17 luglio 2024, presentando a Milano la stagione sportiva, l’amministratore delegato del gruppo Dazn, l’israeliano Shay Segev, fu lapidario: “Nel 2024 raggiungeremo la profittabilità”. Ha sbagliato solo di circa un miliardo di dollari. E, in una recente intervista al Financial Times, ci ha riprovato, indicando stavolta nel 2026 l’anno dei conti in verde: prima o poi ci prende. Analizzare in profondità i conti di Dazn non è semplice, perché il gruppo londinese offre informazioni scarne: 3,2 miliardi di dollari di ricavi totali, dei quali una minima parte di 63,1 milioni dovuta a cessioni a terzi di diritti sportivi e di 2,1 milioni sotto la generica voce “altri”. Ma quanti sono i ricavi in ciascun paese? Non si sa. E per gli abbonamenti? Nemmeno. E per la pubblicità? Idem. C’è solo una suddivisione in macro aree: 2,49 miliardi di dollari tra Europa, Medio Oriente e Africa, 327,9 milioni in Asia e Pacifico e 304,6 nelle Americhe.

In questa nebbia informativa, qualche indizio si può comunque scorgere: secondo quanto si legge nella relazione strategica del bilancio, i ricavi del gruppo sono cresciuti dell’11% rispetto al 2023 grazie a nuovi abbonati, al miglioramento dei prezzi applicati – ammettendo perciò che quelli precedenti fossero poco razionali e in attesa di analoga ammissione nel futuro – agli incontri di pugilato di grande richiamo e alla crescita di Dazn Bet, che si occupa delle scommesse. Questo è un punto da non trascurare: il nuovo amministratore delegato Segev proviene proprio dal mondo dei giochi e delle scommesse, essendo stato direttore operativo di Playtech e poi amministratore delegato di Entain, società che si occupano appunto di giochi e scommesse. E allora la domanda è: Dazn vuole forse usare lo sport e le sue centinaia di milioni di appassionati come veicolo per le scommesse?

SKY: GLI ABBONAMENTI LANGUONO
A Rogoredo sono più loquaci che a Londra: 2,35 miliardi di fatturato, che è comunque il massimo dell’ultimo triennio, cioè quello senza più tutta la serie A. C’è da sottolineare che Sky non è solo calcio, ma è anche motori, tennis, pallacanestro, cinema e tre canali in chiaro. In breve: ricavi per abbonamenti in lieve crescita sul 2023, 1,799 miliardi contro 1,627, ma ben distanti, ad esempio, dai 2,569 miliardi del 2019 e comunque a livelli storicamente bassi. Perdite in drastico calo, 738,6 milioni nel 2022, 551,7 nel 2023 e 257,9 nel 2024. Come mai? Sia per l’aumento dei ricavi che per il taglio dei costi: nel biennio, spiccano i circa 85 milioni in più di pubblicità, da 160 a 244,4 milioni, e la crescita più che doppia dei servizi connettività e voce, in pratica Sky wi-fi, passati da 91,7 a 201,5 milioni. Anche qui la domanda è: Sky vuole forse usare lo sport e i suoi appassionati come veicolo per internet e telefonia?

Sul versante dei costi, quelli cosiddetti operativi sono scesi da 1,08 miliardi a 792,3 milioni per via, come si legge nei bilanci, di risparmi generalizzati su logistica, manutenzione, servizi di produzione, consulenze, compensi ai call center. E il personale? Quando c’è da tagliare, il costo del lavoro è sempre al primo posto della lista: una ventina di milioni in meno, da 235,6 a 214,9, frutto dello stucchevole canovaccio “si taglia alla base ma non ai vertici”. Del resto, come diceva il sempre caustico Petrolini, “bisogna prendere il denaro dai poveri: hanno poco, ma sono in tanti”. E dunque, impiegati ridotti da 1.819 a 1.596, quadri da 632 a 610, giornalisti da 301 a 285, ma dirigenti in crescita da 142 a 151. La dura vita dei generali.

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