Noah Lyles: «Vorrei avere motivazioni più grandi di un singolo trofeo, come Michael Jordan, Ali e Tom Brady»
A La Stampa: «Jacobs pensa al ritiro? Sono questioni private e io non conosco la situazione. Aspettative giganti su di lui. Gout Gout ora ha la sfida più difficile: crescere».

US' Noah Lyles celebrates holding a US' flag after winning the men's 100m final of the athletics event at the Paris 2024 Olympic Games at Stade de France in Saint-Denis, north of Paris, on August 4, 2024. Anne-Christine POUJOULAT / AFP
Il campione del mondo statunitense nei 200 m Noah Lyles ha rilasciato un’intervista a La Stampa dopo aver conquistato il quarto oro consecutivo nella disciplina ai Mondiali di atletica di Tokyo.
Lyles: «Vorrei creare una lega a squadre, ogni titolo mi fa sentire vicino ai grandissimi dello sport»
A Tokyo che cosa è cambiato?
«La prospettiva. Ci sono arrivato dopo una stagione complicatissima, volevo respirare dopo le fatiche olimpiche di Parigi e l’oro nei 100 metri, così ambizioso e così essenziale per me che non nasco specialista del puro sprint e che avevo comunque bisogno di quella corona per definirmi».
E adesso come si vede?
«Ho un sacco di energia nuova: i Mondiali di Tokyo non erano certo il mio primo rodeo, sono in giro da un po’ ma le sensazioni sono sempre le stesse. Invecchio, cambia tutto: il fisico, l’approccio, i sogni, i rivali e le necessità, ma non lo spirito con cui affronto una grande competizione. Ogni titolo potenzia quello precedente e mi fa sentire più vicino ai grandissimi, che per me sono Michael Jordan, Ali e Tom Brady. Non mi paragono a loro, però a un certo punto hanno iniziato a giocare e combattere con motivazioni molto più grandi di un singolo trofeo o della fama. Vorrei fare lo stesso».
Non ha citato Bolt…
«Eccezionale, ma parlo di un’eredità complessiva, di un lascito oltre la pista. Con lui poi c’è un confronto sull’atletica. Non vedo l’ora di essere ai Mondiali di Pechino, fra due anni, per puntare al quinto titolo di fila».
Che effetto le ha fatto tornare sulla pista dove quattro anni fa ha capito di avere dei problemi, di essere depresso, prosciugato?
«Sono tornato a Tokyo per scriverci altri ricordi e ho scoperto l’orgoglio per la strada affrontata. Mi sono concesso una lunga camminata. Nel 2021 potevo solo uscire dall’hotel e salire sul pullman, era tutto un immenso percorso obbligato e il peggio è che quella situazione, purtroppo comune al mondo, aderiva perfettamente alla mia testa».
Visioni così buie?
Lyles: «Indipendentemente dalle regole anti Covid e dal bronzo in quei Giochi, era tutto forzato. Mi sentivo intrappolato e non è stato semplice. Ho usato la terapia, i farmaci, mi sono concentrato sulla salute, sugli affetti. In questo Mondiale, nello stesso luogo dove ho guardato in faccia l’angoscia, mi sono sentito felice. Per me e per gli Usa che sono andati così bene: 16 ori, un record».
Gout Gout, 17 anni, dichiarato il futuro dei 200 metri e paragonato a Bolt. Ha fatto esperienza in Giappone. Tra due anni sarà il suo avversario?
«Gli manca il pezzo più difficile per quelli con un talento evidente come il suo. Crescere. E da qui ai Mondiali di Pechino, nel 2027, ci saranno tantissime persone che gli diranno come farlo».
Marcell Jacobs pensa al ritiro…
Lyles: «Sono questioni private e io non conosco la situazione. È stato il primo italiano a vincere i 100 metri alle Olimpiadi e un traguardo così ti butta addosso aspettative giganti, diventi il punto di riferimento di una nazione intera. Posso solo suggerirgli di vedere che succede se torna a gareggiare per sé».
L’anno prossimo nasce una nuova sfida globale, The Ultimate Championship. Lei avrebbe accesso diretto ma non ha ancora confermato la sua partecipazione…
«Devo rifletterci. È un’opportunità, ma tra i miei progetti ci sarebbe anche quello di contribuire a creare una lega alternativa, magari a squadre».