Guardiola ha creato la pornografia del possesso palla, ora demolisce la sua cattedrale (Guardian)

Ora che è passato al contropiede, svanisce anche l'incantesimo dei numeri, che erano "un espediente narrativo, una forma di punteggiatura al servizio di una narrazione più ampia: Guardiola ti batteva in campo e poi di nuovo fuori, grazie ad congregazione di ecclesiastici e pubblicitari"

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Manchester City's Spanish manager Pep Guardiola smokes a cigar. (Photo by Oli SCARFF / AFP)

“Perdonami, padre, perché ho peccato”. Comincia così l’analisi che Jonathan Liew dedica alla grande abiura tattica di Guardiola. L’editorialista del Guardian ne fa una interessante questione esistenziale. Con il presupposto che “Pep Guardiola è uno dei motivi principali per cui esiste questo tipo di pornografia del possesso palla”. Che è stata “tra le altre cose una supremazia numerica”.

“I numeri in sé erano sempre in gran parte irrilevanti. Ciò che contava era il modo in cui venivano utilizzati: come espediente narrativo, come forma di punteggiatura al servizio di una narrazione più ampia. Le squadre di Guardiola ti battevano una volta in campo e poi di nuovo in seguito, con una congregazione di ecclesiastici e pubblicitari che spiegavano come il Pep-ball non fosse semplicemente più efficace, ma in qualche modo più bello, più virtuoso, più morale”.

“E quindi forse c’è una certa ironia nel fatto che il destino di Guardiola sia ora segnato dagli stessi strumenti. Non importa che il City abbia dominato contro il Napoli giovedì scorso, o che probabilmente soffocherà a morte il Burnley sabato, come da tradizione. Qualcosa è decisamente cambiato”.

Il gioco di dominio è diventato per il City “una sorta di piano B, un vecchio rituale sacrificato sull’altare di una nuova fede. La nuova fede è Donnarumma che fa i lanci lunghi per un Haaland inarrestabile, transizioni e contropiede fulminei, la zona di combattimento a centrocampo spesso completamente ignorata”.

Ma per Liew è proprio cambiato Guardiola, il suo comportamento: “L’energia dei sigari, dell’evangelizzazione e dei bei momenti è scomparsa, sostituita da una presenza più accigliata e sarcastica a bordo campo. Per la prima volta sembra vestirsi in modo adeguato alla sua età. I ​​graffi e le macchie sul suo viso sono una sorta di stigmate, gli occhi segnati dalla sofferenza e dal desiderio, i battiti di ciglia e i sussulti di un uomo nel tormentato processo di ritrattazione di tutto ciò che un tempo predicava”.

“In un certo senso, questa è la parte più interessante della transizione del City degli ultimi mesi. La disintegrazione dello scorso autunno ha costretto Guardiola a cercare risposte dentro di sé, e per una volta sembra aver concluso che le risposte sono altrove”. E’ tipo il mantra di Quelo: “La risposta è dentro di te. E però è… sbagliata”

Anche per il Guardian il paragone con José Mourinho “non regge: gli allenatori anziani generalmente raddoppiano i loro principi, diventando versioni più estreme e grottesche di se stessi”.

“Ciò che Guardiola sembra fare, al contrario, è in realtà molto più audace e apostata. Non si tratta di un allenatore che si rifugia nei suoi principi, quanto piuttosto di uno che se ne allontana completamente. E qui ci troviamo in un territorio in gran parte inesplorato, per più di un motivo. Nessun allenatore ha mai rivoluzionato il gioco come Guardiola; pochi allenatori accumulano tempo, capitale personale e consapevolezza sufficienti per riuscire a demolire la cattedrale che hanno costruito”.

“Per circa un decennio il calcio si è chiesto se il Pep-ball sarebbe mai stato eliminato; sarebbe la più grande delle ironie se l’allenatore che lo ha fatto fosse stato quello che l’ha creato”.

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