Tutte le istituzioni sportive restano in silenzio su Israele, con la Russia non fu così (El Paìs)
"Perché lo sport dovrebbe essere il solo a risolvere conflitti che i politici sono incapaci di risolvere?"

President of FIFA Gianni Infantino speaks next to the trophy during the 2025 FIFA Club World Cup Draw ceremony in Miami on December 5, 2024. (Photo by Giorgio VIERA / AFP)
Il caso delle proteste alla Vuelta contro il Team Israel-Premier Tech non è chiuso, in Spagna. C’è di mezzo il governo (che ha pubblicamente appoggiato i manifestanti) e la discussione s’è allargata alle istituzioni sportive mondiali. Perché lo sport resta colpevolmente in silenzio rispetto alla strage che si sta compiendo a Gaza, scrive El Paìs.
“Le principali istituzioni sportive mondiali non hanno reagito come fecero all’invasione russa dell’Ucraina. All’epoca, squadre e atleti russi furono immediatamente espulsi da tutte le competizioni internazionali, compresi i Giochi Olimpici”, scrive il giornale spagnolo.
“La Vuelta ha sollevato la questione se lo sport non stia affrontando un’occasione d’oro per esprimere la propria opinione e guidare un movimento che contribuisca a porre fine allo sterminio del popolo palestinese perpetrato dall’esercito israeliano agli ordini del Primo Ministro Benjamin Netanyahu”.
“Il Cio detta il ritmo dello sport mondiale in quanto istituzione più rappresentativa, e sotto i suoi auspici la maggior parte dei leader sportivi delle federazioni e confederazioni internazionali giustificano la decisione di non escludere Israele dalle proprie competizioni, come è avvenuto con la Russia nel 2023. La Federazione Internazionale di Pallacanestro (la Fiba), o la stessa Uci, sono due esempi di importanti organizzazioni sportive mondiali che interverranno contro la partecipazione di squadre nazionali, club e atleti israeliani solo se il Cio lo richiederà”.
“Altre organizzazioni, come le associazioni del tennis Atp e Wta, hanno scelto di restare in silenzio”.
Il Comitato Esecutivo del Cio si riunirà a Milano il 18 ottobre e le fonti consultate dal Paìs “non sono in grado di confermare se la possibilità di imporre qualsiasi tipo di sanzione contro Israele verrà discussa formalmente o informalmente. Resta da vedere se la prima mossa dell’Unione Europea, finora compiacente, annunciata dalla sua presidente, Ursula von der Leyen, di sospendere parzialmente gli accordi commerciali con Israele, abbia trovato riscontro all’interno del Cio come terreno fertile per l’attuazione di sanzioni”.
E poi ci sarebbe il calcio. La Fifa e la Uefa “concordano sul fatto che, quando è iniziata l’aggressione russa contro l’Ucraina, più di 40 federazioni, molte delle quali istigate dai rispettivi governi, si sono rifiutate di giocare contro qualsiasi nazionale o club russo per motivi di sicurezza. La Fifa ammette che solo una nuova ondata di federazioni che si rifiutasse di giocare contro le varie rappresentative calcistiche israeliane potrebbe portare alla loro esclusione”.
“Tra le varie organizzazioni sportive, c’è anche un diffuso interrogativo sul perché lo sport dovrebbe essere il solo a risolvere conflitti che i politici sono incapaci di risolvere. Criticano anche l’estrema misura di esclusione richiesta loro, nonostante la maggior parte dei governi non abbia interrotto le relazioni diplomatiche con il governo Netanyahu, o il fatto che i riflettori dei media occidentali siano ora puntati esclusivamente su Gaza, nonostante siano in corso anche altri gravi conflitti, come quello in Sudan. Inoltre, alludono all’influenza globale dei gruppi di potere economico ebraici, con sede negli Stati Uniti, principale alleato di Netanyahu, come un altro fattore decisivo che lega le mani alla realpolitik”.
“Come è accaduto finora con i politici, la stragrande maggioranza delle organizzazioni sportive dichiara privatamente che la barbarie nella Striscia di Gaza è intollerabile, ma nessuna di loro fa nulla”.