Bartocci l’ultrà della Lazio che agli Us Open fa un tifo da stadio per gli italiani: «Il tennis è come la boxe» (L’Equipe)
All'Equipe: «L'unico che mi odia davvero è il francese Moutet, una volta mi disse “Sembri un maiale”. Il suo ristorante a New York è un riferimento per i tennisti italiani

Giovanni Bartocci il ristorante newyorchese grande tifoso degli italiani a Flushing Meadows
Bartocci l’ultrà della Lazio che agli Us Open tifa per gli italiani sfavoriti: «Il tennis è come la boxe» (L’Equipe)
Si chiama Giovanni Bartocci ed è un fedelissimo di Flushing Meadows. Romano di nascita, newyorkese d’adozione, ristoratore di professione, ha 46 anni. Ogni mattina raggiunge i campi degli Us Open sulla sua Margot, una fiammante Harley-Davidson nera per fare l’ultrà del tennis italiano, l’anno scorso ci andò per 21 giorni di fila. Tifa sempre per il più debole. Una volta Fognini si arrabbiò con lui perché sosteneva Travaglia.
L’Equipe ha raccontato la sua storia
Un ultrà della Lazio tra i tifosi del tennis
Ecco cosa dice al quotidiano sportivo francese:
«Mi piace quando è dura. La sofferenza porta una soddisfazione maggiore». Parola di «laziale», abbonato di lunga data e anche a distanza di una Lazio «orribilmente scarsa» per cui ha più volte perso la voce. «Facevo tutte le trasferte, a urlare non-stop per novanta minuti… Ero un pazzo scatenato!». In tribuna si vede solo lui. Pugile dilettante dice: «Per me il tennis è un modo elegante di fare a pugni», spiega. «È uno contro uno. Nel pugilato si prendono botte, ma un incontro per il Campionato del mondo dura trentasei minuti, mentre una partita può durare cinque ore. Sul campo come sul ring, sei solo con i tuoi demoni».
Nel mondo del tennis Moutet lo odia, il giudice arbitro lo conosce
«L’unico che mi odia davvero è un francese: Monsieur (Corentin) Moutet! Era il 2021, aveva battuto Travaglia e giocava contro (Matteo) Berrettini, che stavo incoraggiando dalle tribune. Mi guardava, infastidito. Mi ha lanciato: “Sembri un maiale!”. Ci siamo punzecchiati più volte e l’arbitro è intervenuto: “Per favore, Monsieur Moutet, Monsieur Bartocci…“.
Il suo ristorante è all’East Village
Il suo ristorante è all’East Village in Via Della Pace ha trovato la sua nuova sede dopo due incendi devastanti nel 2020. Il locale, rumoroso e conviviale, gli somiglia. Ci si guardano le partite di calcio o di tennis e le vittorie italiane si celebrano a squarciagola con un megafono. Bartocci a volte serve spaghetti cacio e pepe a Lorenzo Musetti, ma evita di parlare di calcio con Flavio Cobolli, grande tifoso della Roma. Quando entra Lorenzo Sonego, mette in sottofondo una delle canzoni che ha già pubblicato diversi brani. «Vogliamo che si sentano a casa», dice. «È un piccolo pezzo d’Italia a New York». E a Flushing Meadows.
L’amico Matteo e l’ospitalità nel box Berrettini
Berrettini nel 2019 aveva cenato una prima volta nel suo ristorante, prima di tornarci dopo ogni vittoria. I due avevano stretto rapidamente una forte amicizia, al punto che Bartocci è diventato la mascotte della squadra. «Vincenzo Santopadre (ex allenatore di Berrettini) mi dava una bottiglia d’acqua e un asciugamano prima di ogni partita perché sapeva che mi sarei agitato e avrei sudato tanto, per lo stress che ho in tribuna. E ogni anno, con Matteo, sceglievamo la nostra canzone della quindicina». Nel 2019, era “Ora Che Fai?” di Salmo. Quell’anno, Bartocci indossava sempre la stessa maglietta nera, sulla quale c’era scritto in giallo: «Carbonara». «Era un modo per dire a Matteo, che mangiava solo pasta in bianco e una bistecca quando veniva al ristorante durante il torneo: continua a vincere, il tuo piatto di carbonara ti aspetterà dopo la quindicina». Nel 2020 urlava ad ogni punto di Berrettini all’esterno del campo quando gli Us Open si disputarono senza tifosi per il Covid.