Il Psg ha ricordato a Donnarumma (e al calcio) chi è il datore di lavoro e chi il dipendente

Addio Psg sprecone. Ora il club è all'avanguardia coi suoi contratti con una base fissa e una variabile. Gigio non ha accettato la formula ed è stato messo alla porta. Le aziende fanno così

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Paris Saint-Germain's Spanish coach Luis Enrique (L) consoles Paris Saint-Germain's Italian goalkeeper #01 Gianluigi Donnarumma after the UEFA Champions League football match between Arsenal and Paris Saint-Germain (PSG) at the Emirates Stadium in north London on October 1, 2024. (Photo by Adrian Dennis / AFP)

Il Psg ha ricordato a Donnarumma (e al calcio) chi è il datore di lavoro e chi il dipendente

C’era una volta il Psg terra dei balocchi per i calciatori, soprattutto se ricchi e famosi (magari sul viale del tramonto). Per oltre vent’anni, il Psg è stato il simbolo di come non andava condotta una società di calcio. Un evidente esempio di mala gestio perpetrata con ottusa ostinazione. I vari progetti dei galacticos che si sono via via alternati, sono tutti falliti miseramente. Uno dopo l’altro. In Europa il massimo raccolto fu la finale di Champions del 2020 perduta contro il Bayern Monaco.

Dopo vent’anni di beffe, pernacchie e figuracce, anche i qatarini si sono stancati di buttare i soldi dalla finestra. Di recitare il ruolo dei ricchi scemi. Hanno salutato Messi. Hanno salutato Neymar. Hanno detto addio persino a Mbappé. E lo hanno fatto pur essendo ancora convinti che fosse il Messi del futuro. L’unico a non esserne persuaso era l’allenatore. Quel tipo strano che risponde al nome di Luis Enrique. Un signore con i suoi pregi e i suoi difetti (ne ha, eccome se ne ha). Che ha portato la Nazionale spagnola a sbattere, schiava dei suoi principi calcistici e di vita. Ma che nel Psg è stato l’uomo della provvidenza. L’uomo giusto al momento giusto.

La sua teoria è che il calcio sia esclusivamente un gioco collettivo. C’è solo un’individualità ammessa: la sua. Il Psg di questo aveva bisogno. Aveva ragione lui su Mbappé. Il Psg senza Mbappé, ha vinto la Champions. Il Real Madrid con Mbappé ha vissuto una stagione da incubo. Fin qui Mbappé è stato per Florentino Perez l’equivalente della Campagna di Russia per Napoleone. Non è che i qatarini si siano messi a fare il mercato agli outlet del calcio. I soldi hanno continuato a spenderli. Tantissimi, ma non per calciatori star. Niente divi. L’unico divo ammesso è quello seduto in panchina.

La rottura di Psg e Donnarumma segna l’inizio della fase due del club qatarino

Al Psg si sono talmente esaltati, che sono passati alla fase due. Se ne parla poco o niente, ma il club parigino ha intrapreso una nuova politica contrattuale che sarà presto seguita da tanti altri club di prima fascia e non solo. Il Psg sta proponendo ai suoi tesserati contratti a doppio schema: una parte fissa e una variabile. Cambiali in bianco non se ne firmano più. Vuoi uno stipendio da nababbo? Devi guadagnartelo. Non te lo diamo più a scatola chiusa. Se produci trofei e fatturato, hai uno stipendio. Sennò, ne hai un altro più ridotto.

È questo il motivo del fallimento della trattativa del rinnovo tra Donnarumma e il club. Gigio e il suo procuratore (l’agenzia che fu di Mino Raiola) non hanno accettato questa formula. Probabilmente perché era rischiosa. Forse perché è stata ritenuta un affronto nei confronti del giocatore che più di ogni altro ha reso possibile la conquista della Champions. Fatto sta che dopo un linga tira e molla, la corda si è spezzata.

E qui sta il cambio di passo del nuovo Psg. Che si è comportato da azienda. Da datore di lavoro. Le regole in casa mia le stabilisco io. E ti ricordo che il dipendente sei tu. Sei tu che ricevi la busta paga. Non ti stanno bene le regole? Ok, allora sei fuori. Vado sul mercato e prendo un altro portiere. Più giovane di te. Che guadagna meno di te. Che pretende meno di te. E che ha pure uno stile di gioco che meglio si adatta alle idee dell’unico ego accettato nel club. In tempi di Lookman e tanti altri, siamo nei dintorni della rivoluzione.

Ovviamente – il calcio è bello per questo – sarà il campo a dire se sia stata una strategia efficace o no. Un rischio è evidente: il Psg è passato dall’ego dei calciatori a quello di Luis Enrique. Ma tutto non si può avere. E poi Luis Enrique ha portato a casa i risultati. A differenza di tutti gli altri. Il Psg si è assunto un rischio d’impresa. Se vincerà questa battaglia, impartirà una lezione di imprenditoria calcistica e rappresenterà un faro per gli altri club. Rappresenterà uno spartiacque nel calcio d’élite. Non male per la società etichettata come quella dei ricchi scemi.

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