Bonamico: «Un giorno al Palasport arrivò Maradona e fu il putiferio, non si può spiegare cos’era Diego per Napoli»

Il ricordo del campione scomparso al Corriere di Bologna: «Arrivò dopo Napoli-Milan 2-1 decisiva per lo scudetto. Trascinò un Palazzetto intero, facemmo retrocedere la Fortitudo»

Bonamico

Diego Maradona e Marco Bonamico una amicizia nata tra basket e di calcio che Il Corriere di Bologna ha ricostruito nel 2020 in una intervista al campione di basket datata 26/11/2020

Marco Bonamico, è vero che nel 1987 Diego Maradona fece retrocedere la Fortitudo?
«Diciamo che ha avuto un ruolo molto importante. Ci diede una gran mano a vincere una partita-spareggio. A parole non riesco a spiegare, senza essere blasfemo, cosa volesse dire a quei tempi un’apparizione di Maradona a Napoli».

Domenica 26 aprile ’87, subito dopo Napoli-Milan 2-1, un gol suo e uno di Carnevale, arriva al palazzo Diego e cambia la storia.
«La partita era iniziata da un bel pezzo. Punto a punto dall’inizio alla fine, tensione a mille. Ricordo che a un certo punto il gioco era fermo, ma si sentì un boato tremendo: era arrivato lui. Iniziò a fare tifo per noi e il palazzo gli andò dietro. Pandemonio. Al vecchio Mario Argento, con le gradinate senza seggiolini, ci saranno state novemila persone. Ci diedero una carica pazzesca».

Finisce 97-93, Bonamico 19. 
«Fatti in gran parte nel primo tempo, nel secondo venne fuori Riccio Ragazzi. Avevamo americani fortissimi, Mark Smith e Marcellus Starks che anni prima era stato una bandiera Fortitudo. A Napoli c’è tradizione di basket, ma noi diventammo veramente importanti solo il giorno in cui venne a vederci Maradona».

Quattordici giorni dopo, il Napoli vince il primo scudetto. 
«Difficile descrivere il livello di eccitazione che c’era. Si bloccò la città per una settimana. Noi ogni tanto facevamo atletica al San Paolo, conoscevamo qualche calciatore, frequentavamo gli stessi ristoranti. Il basket era visto un po’ come un’estensione di quel fenomeno irripetibile che ubriacava tutti».

Si racconta che una volta Maradona, in una serata di beneficenza calcio-basket, segnò da tre punti, ma calciando, col piede sinistro… 
«Ero in campo e ricordo, nella partitella di basket, un suo assist veramente fulminante. Non so se avesse mai giochicchiato prima, di certo aveva una comprensione del gioco istintiva, alla Teodosic: mi lasciò di stucco. Certo era basso, ma saltava parecchio: avesse giocato a basket, chissà. Nella partitella di calcio poi dribblò tutti e mi mise sui piedi una palla solo da metter dentro: piattone, gol. E grazie Diego».

Nella sua seconda stagione partenopea, siete entrambi capitani. Ed anche lei aveva il numero 10. 
«Sì ma non bestemmiamo. Mi facevano anche il coro “Oh mamma, mamma, mamma” ma solo perché Bo-na-mi-co ha la stessa metrica. Una volta, sulla navetta per l’aeroporto, sale lui, circondato da uno sciame di fotografi e reporter. Io resto distante, tanto non mi fuma nessuno, ero un passeggero qualsiasi, solo più alto della media. All’improvviso lui mi vede e scatta verso di me: “Marco, ma non mi saluti?”… Sarà stato anche solo perché voleva levarsi di torno i paparazzi, ma per me è un onore, averlo conosciuto».

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