Malagò: «Quando morirò, voglio farlo con la musica di Morricone in sottofondo»
Intervista a La Stampa. Non cita mai Binaghi e Barelli, li chiama quei due. Del quarto mandato dice: «Quando ho capito che era finita, ho vissuto meglio»

Dc Roma 24/10/2024 - Premio Mecenate dello Sport / foto Domenico Cippitelli/Image Sport nella foto: Giovanni Malago’
Malagò: «Quando morirò, voglio farlo con la musica di Morricone in sottofondo»
Domani si chiude l’era Malagò, il Coni avrà un nuovo presidente. Il presidente uscente Giovanni Malagò parla di questi in un’intervista a La Stampa a firma Paolo Brusorio.
«Certo che mi commuoverò quando spegnerò la luce del mio ufficio per l’ultima volta». Sul Coni targato Giovanni Malagò il sole tramonta dopo dodici anni e tre mandati, quartum non datur e si sapeva da tempo, ma nemmeno una deroga per arrivare fino ai Giochi, opzione su il presidente per un po’ ha contato. «Poi un giorno di nemmeno troppo tempo fa ho capito che era finita, mi sono messo il cuore in pace e ho vissuto molto meglio».
Si aspetta l’onore delle armi da parte dei suoi avversari? E, poi, le interessa?
Malagò: «Sono due persone su ottanta che per quattro anni non si sono mai viste al Coni e sono mesi invece che stanno pancia a terra per queste elezioni, c’è qualcosa che non quadra. Troppo facile entrare in gioco oggi».
I due sono Angelo Binaghi e Paolo Barelli, dirigono rispettivamente federtennis e federnuoto, e, giusto per stare agli eufemismi, non hanno mai gradito la modalità Malagò. Quindi onore delle armi o no?
«Guardi, non ci andrei a cena o in vacanza, ma per difendere lo sport sono pronto a entrare nel pacchetto di mischia al loro fianco».
Dopo sei Olimpiadi qual è il podio di Malagò?
«Impresa impossibile, ma non nego che l’oro del volley femminile a Parigi mi abbia molto emozionato. Nella mia gestione non avevamo mai conquistato un oro a squadre e per le ragazze era la prima volta nella storia. Straordinario».
Federica Pellegrini è l’atleta simbolo del suo corso?
Malagò: «Sì. Siamo professionalmente diventati grandi insieme».
Otto governi e sette premier. Per dire: i suoi primi Giochi, a Sochi, cominciano con Enrico Letta e finiscono con Matteo Renzi. Gli ultimi a Parigi con Giorgia Meloni. Premier sempre giovani, ma nel frattempo l’Italia è cambiata: come?
«È molto più arrabbiata, meno tollerante e con minor fiducia nel futuro. Diversamente da me».
L’incontro più emozionante?
«Quello con Ennio Morricone. Mi ha regalato un concerto dal vivo e sono onorato che la figlia mi abbia chiesto di entrare nella fondazione dedicata a Ennio. Il giorno che me ne vado, dalla vita non dal Coni, voglio farlo con la musica di Morricone in sottofondo».