Il Real Madrid non concede mai onore nell’addio, nemmeno alle leggende come Ancelotti (Paìs)

"Ancelotti viene messo alla porta come prima vittima di una stagione negativa che fino ad un attimo fa poteva essere storica"

Ancelotti Real

Db Madrid (Spagna) 05/11/2024 - Champions League / Real Madrid-Milan / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Carlo Ancelotti

“Carlo Ancelotti lascerà per la seconda volta la panchina del Real Madrid alzando un sopracciglio in un sorriso, mentre l’altro rimane fermo e piatto, unico sintomo visibile di quella che potrebbe essere un’ulcera”. È il pattern d’addio per tutti i grandi che lasciano il Real, scrive Rafa Cabeleira sul Paìs. Se ne vanno “a testa alta, con curriculum a lucido e con anime in perfetta armonia. Non lo hanno cacciato, ovviamente. Hanno semplicemente deciso che il loro viaggio è finito, come quelle aziende che ti indicano l’uscita con una tazza ricordo e la tipica frase strappalacrime: non sei tu, sono io”.

“C’è una profondità nelle sue parole che cerca di dissipare ogni traccia di dolore, forse a causa della sua natura umana, forse a causa del suo istinto da perfetto gentiluomo. Perché Ancelotti non se ne va dalla porta sul retro, ma non gli è stata aperta nemmeno quella principale, perché il Madrid dipende sempre dal suo numero sette, quello che lo costringe a tagliare gli onori nell’addio anche alle leggende che dovrebbero avere (in base a un accordo di multiproprietà) le chiavi di casa”.

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“Alla Concha Espina gli allenatori non vanno in pensione: si riqualificano. Vengono messi da parte, come quei papiri che i tuoi cugini hanno riportato dal loro ultimo viaggio in Egitto, e che non butti mai via perché sai che le mode tornano sempre ed è sbagliato buttare via i bei ricordi. La vita continua, soprattutto nel club bianco, sempre concentrati sui risultati per determinarne gli effetti immediati”.

“È tempo di allenatori in jeans che parlano tedesco, di quel livello di pretesa che, a quanto pare, non rappresentava più un Carlo Ancelotti che ha vinto tutto senza che nessuno sapesse dire esattamente come. Se c’è una cosa che mi affascina profondamente del Real Madrid è la sensazione che le decisioni vengano sempre prese da sole”.

“Non è mai un’opzione accettare che il Madrid perda perché gli altri vincono”. Ancelotti “se ne va come prima vittima di una stagione negativa che, fino all’eliminazione contro l’Arsenal e alle sconfitte di Siviglia e Montjuïc, avrebbe potuto essere storica: la migliore nella lunga storia del club più vincente del pianeta. Ecco perché è difficile pensare ad Ancelotti come al colpevole e perché nessuno osa escludere che un giorno, se le cose non andranno come previsto, possa tornare a casa: al Real Madrid tutto è possibile, tranne andarsene serenamente”.

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