Dopo un anno disastroso (non sfortunato) De Laurentiis ha capito che bisognava tornare a scegliere e ad affidarsi alle competenze
Db Milano 09/11/2019 - campionato di calcio serie A / Inter-Hellas Verona / foto Daniele Buffa/Image Sport
nella foto: Antonio Conte-Gabriele Oriali
L’attesa per Conte è come quella per Maradona
Cosa è successo è stata solo una stagione sfortunata? No. De Laurentiis nel vicolo cieco della stagione fallimentare ci si è infilato da solo. Scegliendo di non scegliere. Ha peccato di boria, ha trattato il calcio come una materia qualunque. Ha pensato di cancellarne i processi. Ha pensato che il nuovo Allodi potesse crescere in casa, meglio ancor in famiglia. È come se nella sua carriera di produttore avesse scelto prima gli attori, poi il regista, ed infine una sceneggiatura a contratti firmati. Scegliendo Garcia da solo, senza un diesse, ha pensato di potercela fare da solo. Poi come chi vede il burrone con i propri occhi, rinsavisce e cerca di cavarsene fuori con le unghie e con i denti.
Il Napoli scegliendo di scegliere ha diradato coma una folata di vento estivo le nubi del declino. De Laurentiis ha capito che la carriera da solista non fa più per lui. Troppi i no ricevuti. La domanda di Thiago Motta: “chi fa il diesse?”, realtà o leggenda che fosse, lo ha fatto riflettere tardivamente, adesso per fortuna ha deciso di non fare da solo. La crescita del Napoli era troppa per gestirla in casa. Ha finalmente messo su un bel complesso che per comodità chiameremo “the scarrafoni”. Il frontman non può essere che Antonio Conte. Alla chitarra Andrea Chiavelli, al basso Giovanni Manna e alla batteria Lele Oriali. La figura fondamentale del manager Brian Epstein, magari un filo meno diplomatica, la riserviamo a lui. Con questa formazione il Napoli canterà all’unisono. Il cordone sanitario che medierà tra il frontman ed il manager è bello nutrito. Soprattutto Oriali, che mediano lo era e mediatore lo è diventato, mediando tra Nazionale, Moratti, l’Inter del tripelete e Mourinho. Da non sottovalutare la presenza, in queste giornate convulse, discreta e costante del figlio Luigi, che impone qualche riflessione sul futuro della Bari e sulla successione futura. Non è una questione personale, ma meramente anagrafica.
Per Conte 14 mesi di trattativa
La trattativa per portare Conte al Napoli è durata 14 mesi, quella per portare Maradona molto meno. Iniziata ad aprile 2023, da quando le paturnie spallettiane erano diventate smorfie e mal di pancia al profumo di rottura. Il preferito di Aurelio De Laurentiis, che ha meritato tutte le invettive napoliste lunghe 336 giorni, è sempre stato uno ed uno solo: Antonio Conte. Poi in questi tempi in cui la “dezinformatsiya” è arma fondamentale per coprire le proprie intenzioni, la società ha fatto trapelare tutto e il proprio contrario per depistare, sfottere, avere insomma mano libera per scegliere come risorgere dalle nefandezze inferte prima di tutto a se stessa, ai giocatori, e alla carne da cannone che sono stati i tecnici della stagione appena finita.
L’arrivo di Conte al Napoli può essere sovrapposto, senza tema di smentita, per attesta spasmodica, timori ed upgrade effettivo e percepito, al 5 luglio 1984. Esattamente quaranta anni dopo la tifoseria si appresta a vivere il Conte-day. La città non è in uno stato postbellico come allora, non c’è stata nessuna spinta politica per Conte, ma la forza del tecnico e il curriculum professionale hanno come unico precedente nella storia del Napoli solo l’arrivo di Maradona. Lo ha portato a Napoli un De Laurentiis deciso e determinato a risorgere. Come Lazzaro o come Gesù lo diranno solo i posteri.
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