Bonucci non è mai stato un fuoriclasse: fece calare le braghe al governo dopo l’Europeo (CorSport)
Ha sempre pensato di dirigere il traffico. Si è venduto – e lo hanno dipinto – come uno Scirea, un Baresi, un Cannavaro, senza però mai esserlo davvero.

Roma 12/07/2021 - festeggiamenti Nazionale di Calcio / foto Insidefoto/Image Sport nella foto: Italia
“Allegri non lo vuole più, ma Bonucci fa fatica a capirlo”. Bisognerà che, a 36 anni, lo accetti, anche se è difficile, scrive Cristiano Gatti sul Corriere dello Sport. E’ di ieri la notizia della diffida inviata da Bonucci alla Juventus via pec, per chiedere il reintegro in rosa. Una richiesta a cui la Juventus ha risposto con un deciso rifiuto. Gatti scrive:
“Il vento cambia, niente è eterno e immutabile. Dunque, anche Bonucci prima o poi dovrà accettarlo e rassegnarsi. D’altra parte, volendo dirla tutta, lui è uno degli ultimi a potersi permettere sentimentalismi e poesie romantiche: quando si è trattato di andare al Milan, nel 2017, non è che abbia esitato moltissimo. Salvo un anno dopo tornare, ma non con la coda tra le gambe, anzi inalberando di nuovo tutto l’armamentario della serie Juve primo amore, Juve unico amore, Juve sempre nel cuore”.
La demolizione del capitano della Juventus continua con il ricordo di quanto accadde dopo la vittoria dell’Europeo da parte della Nazionale italiana, quando Bonucci costrinse il governo ad accettare la sfilata dell’Italia sul bus scoperto, in piena emergenza Covid. Fu un ricatto bello e buono, a cui il governo si piegò calandosi i pantaloni, scrive il quotidiano sportivo.
“D’altra parte, Bonucci ha sempre pensato di dirigere il traffico. Come centrale, si è sempre sentito al centro. Si è venduto – e lo hanno dipinto – come uno Scirea, un Baresi, un Cannavaro, senza però mai esserlo davvero. Un ottimo difensore, questo innegabilmente, ma non un fuoriclasse che segnerà la storia. Quella, la storia, l’ha più che altro segnata nel 2020, dopo il trionfo agli Europei. Come dimenticare. In pieno clima Covid&Distanziamenti, lui si vantò di aver schierato il governo, imponendo la sfilata del pullman tra agghiaccianti assembramenti di popolo, ricorrendo al famoso ricatto “se il pullman non sfila, noi non andiamo da Draghi”. Pazienza se penosamente il governo calò i pantaloni. Resta lo storico gesto: il calciatore che tratta con lo Stato, mettendolo in ginocchio. Fu comunque una grande festa. Ma è solo per dire quanto davvero, tre anni dopo, possa risultate difficile a un leader di questa statura vedersi rottamato”.