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Io e mio figlio in lacrime nella calca dello Stade de France, ostaggio di poliziotti ottusi: ho creduto di morire

Finale di Champions: doveva essere una festa, siamo stati a un passo dalla tragedia. Una disorganizzazione vergognosa, solo la correttezza dei tifosi ha impedito il peggio

Io e mio figlio in lacrime nella calca dello Stade de France, ostaggio di poliziotti ottusi: ho creduto di morire

Sono circa 24 ore che ci penso, il Real ha vinto la Champions, abbiamo vissuto sensazioni fortissime, festeggiato per buona parte della notte, ma non riesco a non pensare alla scandalosa organizzazione della Uefa e di Parigi per la finale di ieri sera. Io so di aver rischiato davvero la vita, come mai in vita mia. Ma non solo io e la mia famiglia, tra cui mio figlio di Adriano di 9 anni. Con noi, tante altre famiglie con bambini anche più piccoli che sono entrati allo stadio in lacrime. Doveva essere una serata di festa per gli 80mila tifosi e appassionati di calcio arrivati davvero da tutto il mondo, alcuni addirittura dal Messico, e invece si è trasformata in un incubo grazie all’incompetenza e alla negligenza di chi ha organizzato l’evento.

Innanzitutto hanno scelto uno stadio isolato, con poche vie di accesso (dopo la partita, il traffico è rimasto congestionato anche dopo le due di notte), uno stadio che doveva ospitare la finale di Champions tra Liverpool e Real Madrid, non una partitella di seconda categoria. Poi strettoie infinite in cui decine di camionette della polizia hanno costretto i tifosi a camminare per incanalarsi verso lo stadio. Già, sembravamo bestiame più che tifosi felici di andare ad assistere alla finale di Champions. Ovviamente le autorità si giustificheranno con il timore di problemi legati alla presenza dei tifosi inglesi, ma non è vero. Abbiamo fatto il viaggio d’andata sul treno della Rer e i tifosi del Liverpool erano mischiati con quelli del Real, si facevano i selfie insieme, cantavano e ridevano. E alla fine è stato proprio grazie a loro, alla voglia dei tifosi di fare festa e godersi la serata che non ci sono stati incidenti e non ci è scappato il morto. O i morti.

Sono ancora immensamente felice per la serata di ieri, le emozioni vissute durante la partita, la vittoria. Ma non riesco a non ripensare alle lacrime di mio figlio e a quelle di tanti altri bambini, lacrime di terrore mentre eravamo stipati in fila, ammassati contro le transenne e la polizia vestita in tenuta anti sommossa per cercare di entrare allo Stade de France. Abbiamo realmente avuto paura di morire, certamente non pensavamo che saremmo riusciti a vedere la partita.

Ci siamo mossi con grande anticipo arrivando allo stadio alle 18.30. Ingenui, pensavamo di essere in una grande capitale europea per un evento internazionale e quindi volevamo gustarci l’atmosfera della festa e fermarci con gli altri tifosi a cantare e bere birra, come abbiamo fatto in tantissime altre occasioni, compreso il Bernabeu per una semifinale di Champions dieci anni fa.

Invece ci siamo ritrovati in un incubo. Nessuna indicazione su come entrare allo stadio, solo camionette della polizia che sbarravano la strada e una fiumana di tifosi costretti ad ammassarsi in direzione obbligata senza sapere cosa ci aspettasse. Non un cartello, non un’indicazione, men che meno dei poliziotti in grado di dare informazioni. Abbiamo percorso un paio di chilometri penso, passando davanti a decine di accessi allo stadio rigorosamente chiusi. Perché? Non si sa. Quello che ci è stato detto è che i varchi erano due e basta.

Alla fine ci siamo trovati di fronte a un imbuto creato dalle forze dell’ordine dove si era formato un vero carnaio. Ho ancora la pelle d’oca a pensarci. Siamo rimasti pazientemente in fila, ammassati l’uno sull’altro, per circa un’ora continuando a ripeterci che era impossibile che non facessero entrare, che forse c’era stato qualche problema e che la situazione si sarebbe sbloccata. Invece nulla. Più il tempo passava e meno la fila si alleggeriva, anzi la situazione diventava sempre più pesante perché continuavano ad arrivare tifosi e il peso della folla aumentava. Il disastro era nell’aria e ed eravamo assaliti dall’angoscia per non poter liberarci. Non potevamo fare niente, nemmeno uscire. I poliziotti ci tenevano costretti lì e sarebbero stati pronti a caricarci. Una massa di tifosi col biglietto che desiderava solo entrare allo stadio.

A un certo punto ho chiesto di tornare a casa, avevo paura e con me Adriano. Ci siamo spostati all’esterno della fila dove c’erano decine di poliziotti e abbiamo chiesto loro il perché di tutto questo. Ci hanno risposto, con sufficienza, che erano controlli. Controlli? Ma anche negli aeroporti impiegano meno per i controlli. Poi abbiamo cominciato a vedere insofferenza intorno a noi, bambini in lacrime, persone che si sentivano male. Mancava l’aria. La nostra richiesta alle forze dell’ordine era solo di far passare almeno le famiglie con i bambini. Inutile. Poliziotti integerrimi di fronti a bambini in lacrime. Finché non è arrivato un poliziotto più anziano, che forse aveva capito la gravità della situazione e ha concesso ai bambini di passare ma con un solo adulto. Dopo circa due ore di fila siamo passati io ed Adriano, lasciando papà in balia della folla.

Abbiamo passato la mezz’ora più brutta della nostra vita. Sembrava di essere tra i pochi naufraghi che si erano messi in salvo dal Titanic. Intorno a noi tanti bambini ancora in lacrime e persone che aspettavano amici e parenti bloccati oltre le transenne e tenute in ostaggio dalla polizia per i controlli. Controlli poi che si limitavano ad appurare che avessimo il biglietto. ASSURDO!!!! Tutto quel casino, tutta quell’angoscia per un controllo biglietti. Mezz’ora in cui Adriano non ha mai smesso di piangere e cercare il suo papà, circondati da poliziotti schierati e inutili che ci hanno guardato con sufficienza e hanno anche trattato in malo modo chi ha provato a far notare loro l’assurdità e la pericolosità di quanto accadeva. Gli unici che si sono avvicinati a noi e hanno rincuorato Adriano, sono stati i “temibili e pericolosissimi” tifosi del Liverpool che, gentili, si sono fermati per abbracciare e dare una pacca sulla spalla ad un bimbo visibilmente spaventato.

Se i tifosi non si fossero comportati tutti correttamente, sarebbe stata una carneficina. L’impressione è che i poliziotti non aspettassero altro.

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