Capello: «Bravo Pioli. Ha studiato il Napoli e capito come metterlo in difficoltà cambiando tattica»

Alla Gazzetta: «Non si può giocare sempre allo stesso modo. Gli avversari vanno studiati e colpiti nei punti deboli. Come una battaglia da preparare»

Capello

Db Torino 25/05/2021 - partita del cuore / Nazionale Cantanti-Campioni per la Ricerca / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Fabio Capello

Intervistato dalla Gazzetta dello Sport, Fabio Capello elogia la capacità di Stefano Pioli di studiare le partite e prendere le giuste contromisure. Come ha fatto a Napoli contro la squadra di Spalletti.

«Bravo Pioli. Contro il Napoli ha cambiato sistema tattico e vinto, se non lo faceva avrebbe rischiato. Diciamo una buona volta: non si può giocare sempre allo stesso modo, ci sono gli avversari. Che vanno studiati, contrastati nei punti forti e colpiti in quelli deboli. È come una battaglia da preparare. Poi non sempre in partita puoi fare quello che hai preparato, ma se l’idea è giusta i giocatori ti seguono».

Nonostante gli mancassero pedine importanti, Pioli è riuscito a neutralizzare Osimhen.

«La cosa che più mi ha sorpreso è che difende molto bene anche se gli manca Kjaer: ha recuperato Romagnoli e Kalulu è ormai un centrale affidabile che non fa errori. Per la prima volta non ha subito contropiede: Osimhen era sempre raddoppiato».

Il Milan non è più la squadra più debole tra le tre di vetta. A Napoli non era facile vincere. Sulla squadra di Spalletti Capello dice:

«Il Napoli mi piace, però ha incontrato una squadra che ha capito come metterlo in difficoltà. Barcellona docet. Questo è un altro complimento che faccio a Pioli: vuol dire che ha studiato le partite da gran professionista».

La tattica, insieme alla qualità, fanno la differenza. Capello indica il punto debole delle italiane quando giocano all’estero.

«Inglesi e tedesche giocano a uno, massimo a due tocchi. Gli spagnoli no, sono abituati al tiqui-taka, a parte il Real Madrid di Ancelotti che, per caratteristiche dei giocatori, va in verticale. In Italia invece giochiamo sempre a tre tocchi: controllo, tocco, sguardo e altro tocco. Troppo. Ecco perché quando siamo pressati andiamo in difficoltà: non reagiamo subito, la circolazione della palla è lenta e i passaggi sono “saltellanti”. Non siamo bravi come gli spagnoli che nello stretto sono micidiali. Non vedo neanche i centrocampisti che ricevono palla e si girano velocemente verso la porta. Per fortuna ci sono Italiano, Tudor, Dionisi e Andreazzoli che guardano sempre avanti e cercano il gioco veloce. Loro hanno capito dove si va».

 

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