Rugby, 70 ex giocatori affetti da demenza pronti a fare causa alla federazione

Sul Messaggero. Uno di loro è l’inglese Thompson, che non ricorda nulla del mondiale vinto nel 2003. L’avvocato Boardman è in contatto con 100 rugbisti affetti da malattie neurodegenerative

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Si moltiplicano i casi degli ex giocatori di rugby colpiti da malattie neurodegenerative. In 70, scrive il Messaggero, sono pronti a fare causa alla World Rugby (la Fifa ovale), la federugby inglese e quella gallese

“poiché secondo loro sono incapaci di fronteggiare i rischi legati alle commozioni cerebrali. Nonostante l’esistenza, tra l’altro, di un protocollo che impone ai giocatori sei giorni di stop prima di tornare in campo dopo un colpo del genere”.

Il quotidiano riporta l’ultimo caso emerso, quello di Steve Thompson, 42 anni, al quale è stata diagnosticata una forma di demenza precoce con probabile encefalopatia traumatica cronica”.

A volte Thompson non ricorda neanche il nome della moglie. Fa parte dei 70 pronti a fare causa. Tra gli altri c’è anche Carl Hayman, l’All Black numero mille della storia.

Ora chiedono un risarcimento per le cure che dovranno sostenere e hanno persino ideato ‘quindici comandamenti’ per allenamenti e partite in sicurezza, chiedendo l’utilizzo della tecnologia del Dti per monitorare costantemente la salute degli atleti: una sorta di risonanza magnetica con una scansione ancora più sofisticata”.

Al Guardian Thompson ha dichiarato:

“Perché diavolo non ricevi scansioni cerebrali ogni anno? Probabilmente vedrai ritirarsi ragazzi di vent’anni, ma credetemi: è meglio finire lì che ritrovarsi come me. Nelle immagini della premiazione, ci vedete alzare al cielo la Coppa del Mondo io stesso posso vedermi lì che salto dalla gioia. Ma non riesco a ricordarlo. Vorrei solo avere una vita normale”.

L’avvocato Richard Boardman, che segue gli ex atleti, prevede che se ne possano aggiungere ancora altri ai 70,

“altri giocatori del passato tra i quaranta e i cinquant’anni. E di essere in contatto con cento di loro

La World Rugby non commenta, ma fa sapere tramite un portavoce di  prendere

“molto sul serio la sicurezza dei giocatori. Implementiamo strategie di prevenzione, gestione ed educazione degli infortuni, basate sule ultime conoscenze, ricerche e prove disponibili”.

 

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