“I calciatori hanno paura. Sarebbe opportuno prepararli alla ripresa anche sul piano psicologico”

Il Foglio Sportivo intervista Fabio Cola, psicologo che insegna a Coverciano. "Sono passati dallo stare davanti a trentamila, quarantamila persone allo stare chiusi nel salotto di casa. C'è pericolo di disturbi post traumatici"

Bonucci Ronaldo

Ph Carlo Hermann/KontroLab

Sul Foglio Sportivo un’intervista a Fabio Cola, psicologo che insegna a Coverciano. Parla degli effetti che l’emergenza Coronavirus potrebbe avere sui calciatori.

“Dobbiamo immaginare come la popolarità per un calciatore, sempre vissuta come un’invadenza, magari con la richiesta di un autografo o di una foto, sia improvvisamente cambiata. I giocatori sono passati dallo stare davanti a trentamila, quarantamila persone allo stare chiusi nel salotto di casa. E questa improvvisa mancanza ha creato l’effetto opposto, portandoli a ricercare una popolarità diversa, magari attraverso i social, sostenendo un contatto virtuale”.

Anche nei calciatori l’emergenza sanitaria, con le restrizioni conseguenti e lo stop al calcio, possono creare disturbi post-traumatici.

“Nel calcio esistono molti meccanismi identici alla vita quotidiana di noi tutti. Alcuni temi sono comuni: il sentimento di impotenza verso ciò che sembra un problema irrisolvibile, un’idea di futuro compromessa, una sospensione di relazioni parentali. Ma anche la fatica per molti di rapportarsi con un tempo che sembra vuoto perché è privato di socialità. Quindi i possibili effetti sui calciatori sono, proprio come per noi, eventuali disturbi post traumatici dovuti a questo lungo periodo di isolamento e inattività: stress, insonnia, angoscia, depressione, esaurimento emotivo”.

Il quotidiano chiama in causa lo studio del sindacato mondiale dei calciatori. La Fifpro ha interpellato 1500 atleti. Ne sono emersi tre segnali depressivi: poco appetito, disturbi del sonno e malinconia. Un giocatore su tre ha ammesso di soffrire d’ansia. Il 30% di depressione lieve. Il 16% di depressione più forte.

“Da questo punto di vista il virus è democratico, genera le stesse conseguenze in chi non ha problemi economici e in chi fatica ad arrivare a fine mese. I calciatori sperimentano una rottura nell’organizzazione del tempo professionale: un tempo solitamente scandito con regolarità che abitua a una routine che diventa una struttura nota e rassicurante”.

Già all’indomani del locksown i calciatori sono sembrati vicinissimi alla gente comune, scrive il Foglio. E ricorda la fila al supermercato dei calciatori del Napoli. Ma anche le fughe di Higuain e Ronaldo. Cola spiega da cosa scappavano.

“Dall’isolamento, dalla paura che i propri cari potessero essere in pericolo. Tornare dentro a un nucleo famigliare protetto e protettivo aumenta la resilienza. Il privilegio economico che caratterizza gli atleti del calcio non li risparmia dal disagio dell’isolamento e dalla conseguente sensazione di solitudine e abbandono”.

E in previsione della ripartenza del campionato, anche se fosse a porte chiuse, punta l’attenzione sulla necessità di preparare i calciatori anche dal punto di vista psicologico.

“Va tutelata la salute degli atleti, questa è la cosa più importante. Non possiamo immaginare una ripartenza come se nulla fosse accaduto: mi immagino un lungo periodo con partite a porte chiuse e precauzioni ancora alte. Quindi una situazione innaturale per chi è abituato all’atmosfera di uno stadio. Sarebbe quindi opportuno preparare i calciatori non solo sul piano atletico ma anche su quello psicologico e motivazionale attraverso azioni mirate che rendano affrontabile ciò che oggi costituisce una emergenza. L’elaborazione di questa situazione avrà bisogno di tempo e di una dimensione collettiva, guidata. Possibilmente già da ora per non trovarsi impreparati al momento della ripresa. Ognuno ha il diritto di vivere nei tempi e nei modi che gli appartengono le proprie emozioni. Che sia un calciatore o un comune cittadino”.

C’è però un luogo in cui i calciatori sentiranno la regolarità. E’ lo spogliatoio.

“All’interno del team non cambierà nulla. La prudenza richiesta al di fuori lì non ci sarà. Lo spogliatoio è un luogo protetto, protettivo. Una casa. Diverso sarà per le partite: non penso che vedremo giocatori correre con le mascherine. Ma lentamente il meccanismo si rimetterà in moto. Sarà necessario avere pazienza, e forse avremo una selezione che vedrà dai settori giovanili alcuni abbandoni. Come sempre rimarranno le persone motivate, fiduciose e convinte di potercela fare. Nel calcio è sempre stato così”.

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