«Sono milanese, sono stato vent’anni al Comune, conosco ogni via della mia città e ne sono innamorato. Mi sono sposato qui, ho due figli al liceo, se servirà candidarmi, non mi tirerò indietro».
Da un mese sto dentro al bunker della Regione Lombardia, dalle 8 a mezzanotte, l’emergenza non finisce, questo Covid-19 è esploso e se mi fermo un secondo a leggere i messaggi favorevoli, o a pensarci… ok, va bene. Ma non ho metabolizzato l’aumento della popolarità, ci sarà poi il tempo per farlo.
Per il resto dell’intervista Gallera dice che secondo lui il tassi di mortalità che si registra in Lombardia (13%) sia molto più basso. Ci sono i contagiati sommersi da calcolare. «Faremo i conti alla fine».
«all’inizio siamo stati criticati per i “troppi tamponi”. Poi, dopo la prima settimana, le “linee guida” dicevano di fare tamponi solo a chi arriva in ospedale con la polmonite. In ogni caso il tampone non dà la certezza assoluta. (…) Ha più senso organizzare i tamponi per categorie, cominciando dal personale sanitario. E il vero tema è l’isolamento».
Si difende dicendo che «nessuno in Italia o in Europa era preparato a tutto questo», ed è vero «che l’Europa avrebbe dovuto mettere in quarantena chiunque arrivasse dalla Cina, ma chi avrebbe potuto immaginarlo. La cognizione l’abbiamo avuta a fine gennaio, stiamo però appurando se il virus non ci avesse raggiunto prima».
«Non è una guerra, ma quasi, chi non l’ha capito si svegli».