Gravina: «A chi mi dice “vai a lavorare” rispondo: se vado via io, riparte il calcio e vinciamo i Mondiali?»
Al Corriere dello Sport: «In Serie A abbiamo 97 calciatori selezionabili per la Nazionale. 97 su venti squadre. Spalletti? Non l'avrei mandato via. Mancini aveva dato la sua ampia disponibilità a tornare».

Db Tallin 11/10/2025 - qualificazioni Mondiali 2026 / Estonia-Italia / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Gabriele Gravina
Gabriele Gravina, presidente della Figc, ha rilasciato una lunga intervista al direttore del Corriere dello Sport Ivan Zazzaroni. Dai problemi del calcio italiano ad alcuni retroscena riguardanti la panchina della Nazionale, ecco un estratto della chiacchierata.
Le parole di Gabriele Gravina
«A chi mi dice “vai a lavorare” rispondo: se vado via io, riparte il calcio e vinciamo i Mondiali? Se ne avessi la certezza, sarei il primo a farmi da parte. Per questo sono un uomo sereno», afferma Gravina.
Sono gli italiani a non esserlo, presidente. Il rischio di non qualificarsi a un altro Mondiale c’è.
«E perché mai? A marzo non manca molto e dopo l’inverno c’è sempre la primavera».
Dunque si aggrappa all’ottimismo?
«Sì, e lo faccio su basi concrete, reali, su elementi oggettivi come il percorso che ci ha portato fin qui al netto del secondo tempo con la Norvegia. Il pessimismo ci fa sprecare energie, disperderle non aiuta la causa. L’obiettivo è alla portata. Rimbocchiamoci le maniche, impegniamoci tutti insieme. E dico tutti».
Si riferisce ai suoi avversari?
«È innegabile che qualcuno viva la Nazionale come un fastidio».
Dal 2002, a parte i trionfi del 2006 e del 2021, rimediamo figuracce.
«Posso fare io una domanda? Le cause voi le avete individuate?»
Le elenchiamo da decenni. Alcune sembrano evidenti: i giovani non giocano, gli stranieri in campo sono sempre di più, gli investimenti nei vivai e nelle infrastrutture sono un miraggio e le proprietà estere hanno colonizzato il nostro calcio mettendo un impegno emotivo e politico limitato.
«I soldi li mettono, però. Sono tra i pochi che trasformano le risorse in capitale, dando ossigeno al sistema. Per me le cause sono anche altre».
Quali?
«La metodologia sbagliata. Ogni volta che la Nazionale commette un passo falso, immediatamente c’è l’indignazione popolare e si chiedono le teste. Ci sto, è il gioco dei tifosi. Ma noi continuiamo a cercare colpevoli senza renderci conto che la Figc non può imporre certe cose, ma soltanto sensibilizzare».
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Ci si chiede come si possa avere una Nazionale competitiva senza italiani in campo.
«Ne abbiamo 97 selezionabili, il 25% del totale. Novantasette su 20 club di A, vi rendete conto? Il limite all’impiego di stranieri? Impossibile».
È vero che Roberto Mancini si era proposto per tornare?
«È vero. Ci ho parlato. Aveva dato la sua ampia disponibilità».
Spalletti andava esonerato prima di Norvegia-Italia?
«Io non l’avrei mandato via neanche dopo».
C’era un accordo?
«Sì, che alla fine di quella conferenza io e Luciano, insieme, avremmo annunciato la risoluzione».
Quindi lui l’ha anticipata?
«Sì, è crollato alla prima domanda. Non ha trattenuto la sua esplosione di rabbia. Ma è stata una reazione da italiano vero».









