È poi vero che si gioca troppo? Il Napoli del 1989 giocò 60 partite con una rosa small
De Laurentiis a Radio Crc è tornato all'attacco con un tema che tutti danno per assodato ma che non trova riscontri nei dati. Si giocava tanto pure prima, ma nessuno si lamentava

1989 archivio Storico Image Sport / Napoli / Diego Armando Maradona / foto Imago/Image Sport
È poi vero che si gioca troppo? Il Napoli del 1989 giocò 60 partite con una rosa small
Nel suo intervento rilasciato il giorno della vigilia di Natale a Radio Crc il presidente Aurelio de Laurentiis, tra i tanti argomenti trattati, si è soffermato anche sul tema delle troppe partite, argomento che tanto sta a cuore anche a molti allenatori e calciatori e che trova d’accordo anche tanti tifosi, tutti concordi nel lamentarsi dei troppi impegni e del numero eccessivo di gare da disputare in una singola stagione da parte di una squadra di calcio.
In effetti, se quest’anno il Napoli dovesse, per ipotesi, arrivare fino in fondo a tutte le competizioni, raggiungendo la finale di Champions League, passando per i play-off, e quella di Coppa Italia, avendo già disputato due gare di Supercoppa Italiana, arriverebbe a disputare, in totale, sessantadue gare in stagione così suddivise: trentotto di campionato, due di Supercoppa, cinque di Coppa Italia (ottavi, quarti e finale in gara unica e semifinale con gara di andata e ritorno) e diciassette di Champions League (otto nella “fase campionato”, due nei play-off, due negli ottavi, due nei quarti, due in semifinale più la finale).
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Sessantadue partite stagionali sono effettivamente tante (anche se va detto che in altri Paesi, come in Inghilterra e Brasile, si gioca ancora di più…), eppure sono soltanto due in più di quante ne disputarono, in totale, gli azzurri nella stagione 1988/89, allorquando il Napoli di Maradona, Careca, Alemao, Crippa, De Napoli, Carnevale e Ottavio Bianchi arrivò in finale sia di Coppa Uefa che di Coppa Italia. Quell’anno, i partenopei totalizzarono ben sessanta partite in stagione, così ripartite: trentaquattro in campionato, dodici in Coppa Uefa (trentaduesimi, sedicesimi, ottavi, quarti, semifinale e finale tutte in gare di andata e ritorno) e ben quattordici incontri di Coppa Italia.
Certo, si potrebbe obiettare che un conto è disputare quattordici partite di Coppa Italia altro conto è giocarne diciassette di Champions League, contro avversari decisamente più quotati e che, pertanto, richiedono un dispendio di energie maggiore; tuttavia è doveroso sottolineare anche il fatto che oggi le rose sono composte da ventitré e più calciatori e che il Napoli ha in panchina gente come Politano, Lang, Elmas, Gilmour, Spinazzola, Olivera, Beukema, Juan Jesus, etc, mentre all’epoca le squadre annoveravano in tutto diciotto calciatori (undici in campo e sette in panchina) e le riserve di quel Napoli erano Di Fusco, Carannante, Bigliardi, Filardi, Neri, Giacchetta, più Francesco Romano che, causa infortunio, saltò quasi l’intera stagione (senza contare che quell’anno anche Alemao saltò circa mezzo campionato a causa dell’epatite che lo colpì).
Come visto, anche negli anni Ottanta se una squadra arrivava fino in fondo in tutte le competizioni, disputava all’incirca lo stesso numero di gare di adesso (Careca quell’anno, tra campionato e Coppe, collezionò ben cinquantadue presenze totali), eppure, nonostante gli organici di allora erano più esigui e i calciatori guadagnavano molto meno rispetto ad oggi, nessuno si lamentava…
Oggi invece, nonostante le rose allargate, le montagne di soldi in più che le società incassano dai diritti televisivi e dai numerosi sponsor e gli ingaggi faraonici che percepiscono i calciatori, tutti si lamentano che si gioca troppo.











