Conte a Napoli è un sopportato ma ora che ha vinto, tutti tacciono. Ha fatto a pezzi i feticci del bel gioco e del novantunismo
A Napoli ha portato quel che mancava: la juventinità di un tempo. È sempre stato ciò di cui ha avuto bisogno il Napoli, De Laurentiis lo sapeva

Db Riyadh 21/12/2025 - Conferenza Stampa Supercoppa Italiana / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Antonio Conte
Conte a Napoli è un sopportato ma ora che ha vinto, tutti tacciono. Ha fatto a pezzi i feticci del bel gioco e del novantunismo
La supercoppa ha lo stesso peso specifico di un onomastico a Milano. Vincerla, però, è sempre meglio. E il Napoli ha vinto. Secondo trofeo di Antonio Conte a Napoli. L’allenatore più vincente del Napoli di Aurelio De Laurentiis. Ancora dietro Ottavio Bianchi, si appaia ad Albertino Bigon. Tutto bello. I sigari di Scott. La doppietta di Nerezinho. Il cui primo gol, siglato però da posizione più centrale, ci ha ricordato quello di Nelinho nella finalina di consolazione ad Argentina 78, tra il Brasile e l’Italia. Il Napoli, smaltiti i morigerati festeggiamenti, ha il dovere di riprendere la corsa in campionato. E di finirla davanti a tutti. Cremona sarà una partita durissima. Gli onanismi su Italiano non sono mai stati in grado di percepire le capacità di Davide Nicola che non gode della stessa epica narrazione dell’allenatore del Bologna ma che dà almeno due giri di pista al tecnico dei felsinei.
Un secondo campionato di seguito portato a casa, dopo il primo, dopo una supercoppa, darebbe corpo a un nuovo capitolo di epica: dopo l’Iliade e l’Odissea: le Contiadi. Mitologia che avrebbe diritto di entrare nel programma educativo dei licei nazionali. Conte è sempre stato ciò di cui ha avuto bisogno il Napoli. De Laurentiis, che lo ha inseguito per molto tempo, lo sapeva. La juventinità in purezza (quella di Agnelli e Scirea, di Zoff e Boniperti) riversata nello spogliatoio del Napoli, è stata sempre la parte mancante, ai Napoli precedenti, per iscrivere il proprio nome negli albi d’oro che contano. La tifoseria ha considerato, e considera, Conte in maniera assolutamente opportunistica. Sotto sotto lo detesta. Non ne coglie la portata culturale. Per anni ci si è persi dietro mediocri narrazioni da novantunisti. L’epica, quella sì fasulla, del bel gioco, delle vittorie dell’onestà sono sempre stati feticci di una tifoseria fondamentalmente perdente. Che ha sempre preferito le bugie sull’unicità di Napoli e dei napoletani, al napoletanissimo “ammà faticà”. Ricordiamo sempre che Conte a Napoli è un sopportato, sempre malvisto dalla pancia del becerume azzurro che continua a bollarlo come juventino.
Conte dovrà imporsi ulteriormente. Come ha sempre fatto, dopo la partita di Bologna in campionato, quando ha dichiarato apertamente defunta la narrazione del 4-3-3, che a Napoli per anni ha avuto la stessa deificazione di cui godeva il Pcus, il partito unico in Unione Sovietica. Milano, Torino, Bologna e Udine sono le tappe dell’ignominia del campionato in corso. Il Napoli ha il dovere di puntare al quinto scudetto. Con buona pace dell’ormai leggendario De Laurentiis, più titolato di Corrado Ferlaino e Achille Lauro messi insieme. L’Europa non è ancora il cortile del Napoli. Non lo è mai stato. Forse non lo sarà mai. Il campionato deve essere il terreno di caccia di questo Napoli. Se il 2025 si chiude con l’ostica trasferta di Cremona, il 2026 si apre con due trasferte a difficoltà crescente, inframmezzate da due partite casalinghe in cui sarà obbligatorio fare sette punti (Parma e Verona).
Infine il presidente, che questa volta, in sede di premiazione, ha lasciato la ribalta a capitan Di Lorenzo. Superfluo ormai cantarne le lodi. Esercizio esclusivamente fisico, ma non intellettuale. Il grande successo nella parte sportiva ne è stata cantata in tutte le salse. Qualcuno lo ha capito prima degli altri. Il popolino arriva sempre dopo. Si sa. Lo stadio non lo farà né ora né mai. Nemmeno il centro sportivo: Enrico stai sereno. Imprenditore italiano fino al midollo, preferisce le schermaglie dialettiche, ma non appesantirsi di responsabilità che in una città come Napoli sono un suicidio. Alla fine passano alla storia quelli che vincono, mica quelli che lasciano eredità.











